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361  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / Elementi chimici emessi dagli inceneritori inserita:: Agosto 10, 2008, 02:27:48 pm
Ripeterò fino alla nausea che è una vergogna che lo Stato abbia decretato che inceneritori ed impianti industriali possano emettere giornalmente elementi chimici tossici senza tener conto della pericolosità per l'uomo e per l'ambiente causato dall'accumulo di queste sostanze e metalli tossici.

Esempio di "emissioni legalmente emesse" da un inceneritore in Italia

EMISSIONI DELL'INCENERITORE AGAC DI REGGIO EMILIA

Sono state eseguite analisi in continuo dei gas per la determinazione di HCl, SOx, NOx , O2 e CO nei punti P2 e P3, le apparecchiature utilizzate sono stati due analizzatori IR EMISSION MIR 9000,

Per quanto riguarda gli altri elementi o composti normati, sono stati eseguiti campionamenti giornalieri con apparecchiature ad hoc, i campioni sono stati successivamente analizzati presso il laboratorio DCO/LP.

Le apparecchiature per il campionamento sono adatte al campionamento delle tre fasi del campione, solida, condensa e incondesabile, per determinare il contenuto totale dei microelementi è stato necessario esaminare le tre fasi separatamente. Ogni campionamento ha avuto una durata di circa 10 ore per permettere di raccogliere un quantitativo sufficiente di inquinante per effettuare le successive analisi; per i microinquinanti organici il prelievo ha avuto una durata di 24 ore.

Per l'analisi delle diossine è stato utilizzato lo spettrometro di massa applicato al gascromatografo(GCMS). Per l'analisi dei microinquinanti sono stati utilizzati lo spettrometro di massa con sorgente al plasma (ICP-MS), lo spettrometro ad emissione atomico con sorgente al plasma (ICPAES), l'assorbimento atomico con generatore di idruri (FIHGAAS) ed il cromatografo ionico (IC).

I limiti di rilevabilità di queste tecniche analitiche sono risultati i seguenti:

   • per Be, Cd, Co, Cr, Cu, Mn, Ni, Pb, Hg, Sb     0,003 µg/Nm3
   • per As, Se, Sn                                 0,03  µg/Nm3
   • per diossina e furani                          0,08  ng/Nm3

  >:(

Allego il primo documento (ho dovuto tagliarlo in due perché era troppo grande per inserirlo in un solo post)  dove sono descritti gli elementi emessi, gli effetti sull'uomo e sull'ambiente    :'(
362  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / Incenerimento e salute umana inserita:: Agosto 10, 2008, 01:34:52 pm
Post del 18/10/06

Questo è un articolo di Greenpeace del 2003...si parla di pericolosità ma nessuno riesce a far capire che il pericolo enorme è nell'accumulo e non nelle piccole emissioni...
O cambia la legge, o lo Stato fornisce alla popolazione il modo di poter tenere l'avvelenamento cronico sotto controllo, eseguendo su di loro analisi periodicamente e provvedendo alla disintossicazione periodica ogni qual volta che l'accumulo di sostanze pericolose supera nel corpo la soglia di pericolosità che darà origine a malattie croniche e mortali....sempre se sono così bravi da individuarla questa soglia massima che l'organismo non può sopportare, dato che ogni persona è diversa da un'altra e quello che vale per uno non vale per l'altro...


Riporto l'articolo:
La gestione dei rifiuti urbani ed industriali sta diventando un problema sempre più preoccupante in tutto il mondo. Questo rapporto, tradotto in italiano nel luglio del 2003, riassume lo stato delle conoscenze sugli impatti dell'incenerimento dei rifiuti sulla salute umana.

Gli inceneritori rappresentano, secondo alcuni, una risposta concreta alla crisi dei rifiuti perché si ritiene che, attraverso il processo di incenerimento, sia possibile ridurre di un decimo il volume complessivo dei rifiuti conferito in discarica.

In realtà gli inceneritori – poco convenienti anche dal punto di vista economico– sono assai pericolosi, perché rilasciano in atmosfera numerose sostanze tossiche e producono ceneri ed altri residui, con un impatto assai negativo sull'ambiente e sulla salute dell'uomo.

Questo rapporto cerca di fare il punto sullo stato delle conoscenze scientifiche in materia di emissioni e di impatto sanitario degli inceneritori: prendendo in esame i livelli di esposizione dei soggetti residenti in prossimità degli impianti - e di coloro che vi lavorano - sono stati osservati diversi effetti negativi sulla salute. Le emissioni riprodotte dall'incenerimento dei rifiuti incidono sull'integrità del sistema immunitario, causano allergie e anomalie genetiche, malattie cardiache e del sistema respiratorio e - nel caso degli impianti di vecchia generazione - determinano l'insorgenza del cancro.

Questo rapporto dimostra l'urgente bisogno di un'eliminazione graduale e completa dell'opzione incenerimento e della realizzazione di adeguate politiche di gestione dei rifiuti basate sulla prevenzione, sul riuso e sul riciclaggio.

Fonte: greenpeace.org
363  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / Inceneritori: effetti dell'avvelenamento a piccole dosi inserita:: Agosto 10, 2008, 01:29:22 pm
Post del 21/09/06

Il grave problema è che la legge italiana non tiene conto dell'accumulo, giorno dopo giorno di elementi tossici emessi dagli inceneritori e dagli impianti industriali.

Forse i nostri governanti pensano che basti un decreto a far sì che sostante e metalli tossici non si accumulino più nell'ambiente, nelle nostre coltivazioni, negli alberi da frutto, nell'acqua, nei nostri corpi, nelle nostre case, ecc.
Forse pensano che per legge questi elementi tossici si dileguino nell'aria, valichino l'atmosfera terrestre per poi disperdersi nello spazio infinito o depositarsi su altri pianeti...
Purtroppo tutto quello che esce come emissioni minime o massime consentite da un decreto legge, va a finire nell'organismo della gente che sfortunatamente abita vicino a questi impianti, va a finire nella terra in cui coltivano la loro insalata e nell'insalata, nell'albero che produce mele.....le famose mele della salute, che in questo caso diventeranno mele avvelenate come quelle della fiaba di Biancaneve.
Leggete il documento sotto e cercate di comprendere cosa provocano questi INCENERITORI ED IMPIANTI INDUSTRIALI CHE EMETTONO PICCOLE QUANTITA' DI EMISSIONI INQUINANTI A NORMA DI LEGGE!
BISOGNA FARLA CAMBIARE QUESTA LEGGE SE VOGLIAMO CONTINUARE A VIVERE, SENNO' TRA QUALCHE ANNO QUELLI DI NOI CHE NON SARANNO MORTI SARANNO INTOSSICATI CRONICAMENTE, AVRANNO MALATTIE GRAVISSIME, CRONICHE, AUTOIMMUNI E SARANNO TANTISSIMI A VIVERE SU DI UNA SEDIA A ROTELLE O A SOFFRIRE ANCHE DI PATOLOGIE PSICHIATRICHE.

Inserisco un documento che ho trovato sui pericoli degli inceneritori.
Alcuni grandi problemi con i quali dobbiamo confrontarci, quali sono quello di valutare gli effetti avversi sulla salute degli inquinanti ambientali anche a piccole, o relativamente piccole dosi, il possibile effetto additivo fra loro, sia che agiscano contemporaneamente che a distanza di tempo, e la possibile persistenza transgenerazionale degli effetti avversi, sono stati (deliberatamente) trascurati dalle grandi linee della ricerca biomedica.

E' per questa ragione che solo da relativamente poco tempo la ricerca ha messo in evidenza gli effetti nocivi di alcuni inquinanti a concentrazioni estremamente basse. Quelli dei quali si è più parlato sinora sono gli effetti di disturbo sullo sviluppo e le funzioni del sistema endocrino. Altrettanto rilevanti sono però i dati che riguardano un metallo, come il Cadmio, che a concentrazioni che si registrano in ambienti "normalmente" inquinati inibisce il sistema di riparazione del DNA alterando la capacità di risposta cellulare ad altri insulti sia esogeni che endogeni.
Il Piombo (Pb) è stato valutato dallo IARC come probabile cancerogeno umano e incluso quindi nel gruppo 2A della sua classificazione dei cancerogeni. L'esposizione al Pb è stata associata ad un aumento di frequenza di tumori dello stomaco, del rene e dell'encefalo. Il pb causa lesioni del sistema nervoso centrale e a basse concentrazioni può deprimere lo sviluppo mentale e causare serie deficienze nell'apprendimento. Può traversare la barriera placentare e alterare lo sviluppo del sistema nervoso di bambini. Dopo l'abolizione del Pb tetraetile dalla benzina, una fra le fonti principali di emissione di Pb nell'atmosfera è la combustione di residui solidi.


Forse ancora più preoccupanti sono i dati che indicano i rischi legati all'esposizione prenatale, per via transplacentare, a piccole dosi di sostanze chimiche nocive che, senza dare apparenti disturbi alla madre, causano alterazioni permanenti nelle cellule fetali e sono all'origine di una maggiore sensibilità a effetti avversi di esposizioni postanatali, con possibili conseguenze gravi, come l'induzione di leucemie infantili.

Dati recenti hanno anche messo in evidenza che gli effetti avversi causati da esposizione a livelli bassi di sostanze nocive non si manifestano soltanto nella presente generazione, ma possono estendere i loro effetti avversi sulle generazioni a venire attraverso un meccanismo di trasmissione transgenerazionale.

Una prevenzione primaria efficace non può prescindere dalla riduzione drastica delle esposizioni a inquinanti ambientali e quindi, a monte, delle fonti di emissione di inquinanti nocivi.

Autore
Dr. LORENZO TOMATIS
Presidente Consiglio Scientifico ISDE
[ International Society of Doctors for the Environment ]
Ex Direttore Esecutivo dello IARC
[ International Agency for Research on Cancer ]
364  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / INCENERITORI E NANOPATOLOGIE inserita:: Agosto 10, 2008, 01:20:47 pm
Post del 17/09/06

Questo è un documento importantissimo che Antonio mi ha chiesto di mettere anche sul Forum per portarlo a conoscenza di più persone possibili.
Grazie Antonio


"Ormai non esiste più alcun dubbio a livello scientifico: le micro e nanoparticelle, comunque prodotte, una volta che siano riuscite a penetrare nell’organismo innescano tutta una serie di reazioni che possono tramutarsi in malattie. Le nanopatologie, appunto.
Se è vero che le manifestazioni patologiche più comuni sono forme tumorali, è altrettanto vero che malformazioni fetali, malattie infiammatorie, allergiche e perfino neurologiche sono tutt’altro che rare. A prova di questo, basta osservare ciò che accade ai reduci, militari o civili che siano, delle guerre del Golfo o dei Balcani o a chi sia scampato al crollo delle Torri Gemelle di New York e di quel crollo ha inalato le polveri.
“Comunque prodotte”, ho scritto sopra a proposito di queste particelle che sono inorganiche, non biodegradabili e non biocompatibili. E l’ultimo aggettivo è sinonimo di patogenico. Il fatto, poi, che siano anche non biodegradabili, vale a dire che l’organismo non possieda meccanismi per trasformarle in qualcosa di eliminabile, rende l’innesco per la malattia “eterno”, dove l’aggettivo eterno va inteso secondo la durata della vita umana.
Le particelle di cui si è detto hanno dimensioni piccolissime, da qualche centesimo di millimetro fino a pochi milionesimi di millimetro, e più queste sono piccole, più la loro capacità di penetrare intimamente nei tessuti è spiccata; tanto spiccata da riuscire perfino, in alcune circostanze e al di sotto di dimensioni inferiori al micron (un millesimo di m millimetro), a penetrare nel nucleo delle cellule senza ledere la membrana che le avvolge. Come questo accada sarà il tema di un incipiente progetto di ricerca europeo che vedrà coinvolto come coordinatore il nostro gruppo.
Se è vero che la natura è una produttrice di queste polveri, e i vulcani ne sono un esempio, è pure vero che le polveri di origine naturale costituiscono una frazione minoritaria del totale che oggi si trova sia in atmosfera (atmosfera significa ciò che respiriamo) sia depositato al suolo, ed è pure vero che la loro granulometria media è, tutto sommato, relativamente grossolana.
È l’uomo il grande produttore di particolato, soprattutto quello più fine. Questo perché la tecnologia moderna è riuscita ad ottenere a buon mercato temperature molto elevate a cui eseguire le più svariate operazioni, e, in linea generale e a parità di materiale bruciato, più elevata è la temperatura alla quale un processo di combustione avviene, minore è la dimensione delle particelle che ne derivano. A questo proposito, occorre anche tenere conto del fatto che ogni processo di combustione, nessuno escluso, produce particolato, sia esso primario o secondario. Per particolato primario s’intende quello che nasce direttamente nel crogiolo, per secondario, invece, quello che origina dalla reazione tra i gas esalati dalla combustione (tra gli altri, ossidi di azoto e di zolfo) e la luce, il vapor d’acqua e i composti principalmente organici che si trovano in atmosfera.
Al momento attuale, la legge prescrive che l’inquinamento particolato dell’aria sia valutato determinando la concentrazione di particelle che abbiano un diametro aerodinamico medio di 10 micron - le ormai famose PM10 - e prescrive che la valutazione avvenga per massa. Nulla si dice ancora, invece, a proposito delle polveri più sottili: le PM2,5 (cioè particelle con un diametro aerodinamico medio di 2,5 micron), le PM1 (diametro da 1 micron) e le PM0,1 (diametro da 0,1 micron). Sono proprio quelle le polveri realmente patogene, con una patogenicità che cresce in modo quasi esponenziale con il diminuire del diametro. E per avere un’idea degli effetti sulla salute di queste poveri occorre che le particelle siano non pesate ma classificate per dimensione e contate. Dal punto di vista pratico, la massa di una particella da 10 micron corrisponde a quella di 64 particelle da 2,5 micron, oppure di 1.000 da un micron, oppure, ancora, a quella di 1.000.000 di particelle da 0,1 micron. Perciò, valutare il particolato in massa e non per numero e dimensione delle particelle non dà indicazioni utili dal punto di vista sanitario e può, anzi, essere fuorviante.
Venendo al problema dell’inquinamento da rifiuti, è ovvio che questi debbano, in qualche modo, essere smaltiti.
A questo punto, è necessario ricordare la cosiddetta legge di Lavoisier o della conservazione della massa. Questa recita che in una reazione chimica la massa delle sostanze reagenti è uguale alla massa dei prodotti di reazione. Il che significa che, secondo le leggi che regolano l’universo, noi riusciamo solo a trasformare le sostanze, ma non ad annullarne la massa.
Ciò che avviene quando s’inceneriscono i rifiuti, dunque, altro non è se non la loro trasformazione in qualcosa d’altro, e questa trasformazione è ottenuta tramite l’applicazione di energia sotto forma di calore.
Stante tutto ciò che ho scritto sopra e che è notissimo sia tra gli scienziati sia tra gli studenti delle scuole medie, se noi bruciamo l’immondizia, altro non facciamo se non trasformarla in particelle tanto piccole da farle scomparire alla vista e, con i cosiddetti “termovalorizzatori” – una parola che esiste solo in Italiano e che evoca l’idea ingenuamente falsa che si ricavi valore economico dall’operazione – la trasformazione produce particelle ancora più minute e, dunque, più tossiche.
Malauguratamente, non esiste alcun tipo di filtro industriale capace di bloccare il particolato da 2,5 micron o inferiore a questo, ma, dal punto di vista dei calcoli che si fanno in base alle leggi vigenti, questo ha ben poca importanza: il “termovalorizzatore” produce pochissimo PM10 (peraltro, la legge sugl’inceneritori prescrive ancora la ricerca delle cosiddette polveri totali ed è, perciò, ancora più arretrata) e la quantità enorme di altro particolato non rientra nelle valutazioni. Ragion per cui, a norma di legge l’aria è pulita. Ancora malauguratamente, tuttavia, l’organismo non si cura delle leggi e le patologie da polveri sottili (le PM10 sono tecnicamente polveri grossolane), un tempo ignorate ma ora sempre più conosciute, sono in costante aumento. Tra queste, le malformazioni fetali e i tumori infantili.
Tornando ala legge di Lavoisier, uno dei problemi di cui tener conto nell’incenerimento dei rifiuti è la quantità di residuo che si ottiene. Poiché nel processo d’incenerimento occorre aggiungere all’immondizia calce viva e una rilevante quantità d’acqua, da una tonnellata di rifiuti bruciata escono una tonnellata di fumi, da 280 a 300 kg di ceneri solide, 30 kg di ceneri volanti (la cui tossicità è enorme), 650 kg di acqua sporca (da depurare) e 25 kg di gesso. Il che significa il doppio di quanto si è inteso “smaltire”, con l’aggravante di avere trasformato il tutto in un prodotto altamente patogenico. E in questo breve scritto si tiene conto solo del particolato inorganico e non di tutto il resto, dalle diossine (ridotte in quantità ma non eliminate dall’alta temperatura), ai furani, agl’idrocarburi policiclici, agli acidi inorganici (cloridrico, fluoridrico, solforico, ecc.), all’ossido di carbonio e quant’altro.
Affermare, poi, che incenerire i rifiuti significa non ricorrere più alle discariche è un ulteriore falso, dato che le ceneri vanno “smaltite” per legge (decreto Ronchi) in discariche per rifiuti tossici speciali di tipo B1.
Si mediti, poi, anche sul fatto che l’incenerimento comporta il mancato riciclaggio di materiali come plastiche, carta e legno. I “termovalorizzatori” devono funzionare ad alta temperatura e, per questo, hanno bisogno di quei materiali che possiedono un’alta capacità calorifica, vale a dire proprio le plastiche, la carta e il legno che potrebbero e dovrebbero essere oggetto di tutt’altro che difficile riciclaggio.
Tralascio qui del tutto il problema economico perché non rientra nell’argomento specifico, ma il bilancio energetico è fallimentare e, se non ci fossero le tasse dei cittadini a sostenere questa forma di trattamento dei rifiuti, a nessuno verrebbe mai l’idea di costruire impianti così irrazionali.
Rimandando per un trattamento esaustivo dell’argomento ai numerosi testi che lo descrivono compiutamente, compresi i siti Internet dell’ARPA e di varie AUSL, la conclusione che qualunque scienziato non può che trarre è che incenerire i rifiuti è una pratica che non si regge su alcun razionale. Ma, al di là della scienza, il sensus communis del buon padre di famiglia che per i Romani era legge può costituire un’ottima guida. Usare i cosiddetti “termovalorizzatori” spacciandoli per un miglioramento tecnico, poi, non fa che peggiorare la situazione dal punto di vista del nanopatologo, ricorrendo questi a temperature più elevate.
Perciò, una pratica simile non può essere in alcun modo presa in considerazione come alternativa per la soluzione del problema legato allo smaltimento dei rifiuti, se non altro perché i rifiuti non vengono affatto smaltiti ma raddoppiati come massa e resi incomparabilmente più nocivi."


Fonte: Stefano Montanari – Direttore Scientifico del laboratorio Nanodiagnostics 
Via E. Fermi, 1/L – 41057 San Vito (Modena)
www.nanodiagnostics.it
365  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / Allarme smog. Un ricovero ogni 36 ore inserita:: Agosto 09, 2008, 08:47:45 pm
Post del 07/03/08

Sono preoccupanti i dati che arrivano da una ricerca realizzata con l'Harvard School of Public Health e finanziata dalla Regione Lombardia insieme con agenzie di ricerca internazionali.

La ricerca ha misurato i danni dello smog sulla salute dell’uomo evidenziando come le micropolveri portano a ospedalizzazioni e anni di vita in meno.

L'indagine è stata condotta su un campione di quasi tremila cittadini e ha evidenziato come solo in città ci sono almeno 250 ricoveri urgenti all'anno (un ricovero per smog ogni 36 ore) dovuti al Pm10 troppo elevato.


Entrando nello specifico dello studio si evidenzia come centocinquanta dei ricoveri sono legati alle malattie respiratorie, mentre gli altri cento a problemi cardiaci.

In Pronto soccorso si riscontrano casi di infarti, ictus e crisi respiratorie; con un rischio di trombosi che cresce con l'incremento delle polveri.

Tra i test effettuati, anche quello che mette in relazione i livelli di inquinamento e la coagulazione del sangue: quando tale “miscela” diventa eccessiva aumenta il rischio di danneggiamento dei vasi sanguigni e del cuore.

Per ogni 10 microgrammi di micropolveri in più, il tempo di protrombina (indicatore della coagulazione) diminuisce dal 5 all'8%. Lo stesso avviene con l'omocisteina, un aminoacido collegato alle infiammazioni dell'organismo. Con il Pm10 fuorilegge il suo valore aumenta del 7%; di qui la crescita dei problemi cardiaci.

CONCLUSIONE
Per i ricercatori, i veleni dell’aria avrebbero quindi un effetto moltiplicatore sulle malattie: le micropolveri favorirebbero lo sviluppo e la nascita di malattie, aggravando i sintomi e arrivando a provocare morti premature soprattutto se sommate a stili di vita nocivi come il fumo, la scarsa attività fisica e una dieta sbilanciata.

Per ogni 10 microgrammi di incremento di polveri sottili in chi fuma aumenta fino al 70% il rischio di trombosi, mentre per gli altri l'impatto sarebbe decisamente minore.

Questi dati choc - oltre che allarmarci – devono farci riflettere, alla luce anche della procedura di infrazione aperta dalla Ue nei confronti dell’Italia per il superamento dei valori limite di smog.

Riccardo Capannelli
scrivi al sito
RICCARDOCAPANNELLI@libero.it


Fonte: ecodimilano.com
366  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / Così iniziò "monnezzopoli"... inserita:: Agosto 09, 2008, 08:40:02 pm
Post del 26/01/08

Rifiuti: inizio "monnezzopoli", fusti tossici a Villaricca

Tutto inizia con 158 bidoni pieni di sostanze altamente tossiche provenienti da una ditta di Cuneo e sotterrati a Villaricca e un autista diventato cieco per averli trasportati.
E tutto esplode con i pentiti della camorra, tra cui il cugino di ´Sandokan´ Francesco Schiavone, che raccontano come i Casalesi abbiano seppellito in ogni buco della Campania ma anche sotto le strade, tonnellate di rifiuti con la complicita´ di imprenditori e politici, messi nei posti chiave dal clan e pagati per collaborare.
Non sono 14 anni che la Campania e´ strozzata dall´emergenza rifiuti, ma almeno 10 di piu´: anni in cui si sono creati i presupposti della monnezzopoli che ancora oggi ha messo in ginocchio la regione.

Il 4 febbraio del 1991 si presenta alla clinica Pineta Grande di Castelvolturno Mario Tamburrino, autista di camion. Ai medici dice di aver avuto un fortissimo abbassamento della vista dopo aver scaricato i bidoni di scorie tossiche provenienti dalla ditta ´Ecomovil´ di Cuneo nella discarica di Sant´Anastasia. Dopo 20 giorni gli investigatori scoprono pero´ che il carico non e´ mai arrivato li´ ma e´ stato sotterrato in un campo tra Qualiano e Villaricca.
Tamburrino diverra´ cieco ma il suo racconto apre gli occhi agli inquirenti, che hanno la conferma di quello che la gente dice da anni: ci sono migliaia di discariche abusive di rifiuti tossici utilizzate dalla camorra almeno fin dalla meta´ degli anni ´80. La svolta arriva pero´ due anni dopo, grazie ai pentiti. Tra i primi c´e´ Nunzio Perrella che con le sue parole da il via alla prima indagine della procura di Napoli. Fu lui a rivelare che la discarica di Pianura era gestita dalla camorra e fu lui uno dei testimoni chiave dell´operazione Adelphi, che svelo´ gli intrecci tra camorra e politica.

E c'è anche Carmine Schiavone, che non e´ un camorrista qualunque: è il cugino di Francesco Schiavone, il capo dei Casalesi, Sandokan, arrestato nel ´98. Carmine e´ l´uomo che tiene i conti del clan tanto che dalle sue parole è scaturita l´operazione ´Spartacus´ che ha portato alla condanna nel 2005 di 91 persone, di cui 21 all´ergastolo, per un totale di 844 anni di reclusione. E Schiavone racconta agli investigatori anche di come i Casalesi hanno fatto miliardi con la monnezza di tutta Italia. Nelle decine di verbali che riempie c'è la genesi del disastro di oggi: la camorra, dice tra l´altro, "ha riempito gli scavi realizzati per la costruzione della superstrada Nola-Villa Literno sostituendo il terriccio con tonnellate di rifiuti trasportati da tutta Italia". E le imprese che avevano ottenuto l´appalto per la realizzazione dell´opera, "oltre a subappaltare una parte dei lavori ad imprese legate al clan Schiavone, hanno pagato alla camorra tangenti pari al 3% sull´importo complessivo dell´appalto".
Alla Dia Carmine Schiavone, dice anche di essere in grado di indicare i siti in cui erano stati interrati residui tossico-nocivi o radioattivi."Il sistema" - racconta - "funziona cosi´: i clan, dopo aver sfruttato in regime di monopolio le attività estrattive di sabbia e materiali inerti nelle cave del casertano, le ha in seguito convertite in discariche abusive".

"L'area è piena di rifiuti che il clan sotterra nelle cave, dopo aver preso accordi con trasportatori provenienti da tutta Italia. Nelle cave e nelle vasche ittiche". In fondo i bidoni, in superficie l´allevamento di pesci. "Schiavone" - dice un investigatore - "raccontò che anche gli scavi realizzati per il raddoppio della Roma-Napoli sono pieni di bidoni con sostanze di tutti i tipi".
Ma il pentito parla anche delle collusioni, dei rapporti di amministratori e imprenditori locali con il clan. Parole che hanno trovato conferma nelle inchieste degli ultimi venti anni. "Accanto a soggetti strettamente riconducibili ai clan - disse nel ´97 alla commissione parlamentare l'allora pm Napoli Melillo - ruota una quantita´ notevolissima di soggetti di impresa che hanno un proprio fine di partecipazione al profitto complessivo che riguarda il ciclo illecito dello smaltimento dei rifiuti". Tutti insomma hanno avuto il loro guadagno. Tranne i cittadini che da anni vivono assediati dalla monnezza e che oggi constatano che poco e´ cambiato.

Fonte: metropolisweb.it
367  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / Diossina nel latte a Brescia che " vanta" il più grande inceneritore d’ Europa inserita:: Agosto 09, 2008, 08:32:21 pm
29 dicembre 2007

Diossina nel latte a Brescia , Sarcomi a Mantova ....e a Forlì?
La notizia che a Brescia - polo industriale di rilievo e città che " vanta" il più grande inceneritore d’ Europa - il latte di alcuni allevamenti eccede le quantità ammesse in diossine e pcb e che a Mantova il pool di esperti che da anni indaga sulla presenza di diossine reputa credibile l’ associazione di queste sostanze con l’ eccesso di sarcomi che si è registrato in quel territorio, non può lasciarci indifferenti.

Ci chiediamo cosa altro debba capitare affinchè qualcuno fra i "decisori" politici cominci ad ascoltarci . Stiamo avvelenando il mondo e noi stessi e continuiamo a percorrere strade assurde come quella di bruciare i "materiali post-consumo" (altro che rifuti!) quando esistono alternative e soluzioni (porta a porta per cominciare....) che potrebbero fare convivere il giusto profitto con il rispetto per l’ ambiente, l’ aumento della occupazione, la concordia sociale. Siamo a Natale ed è lecito esprimere un desiderio... ecco, questo è il mio desiderio: con tutto il cuore vorrei che coloro che fino ad ora si sono mostrati così sordi, riottosi, caparbi, riuscissero a fermarsi anche solo per un attimo e ad ascoltare quello che in tanti - semplici cittadini, professionisti, medici - da tutte le parti e sempre più a gran voce andiamo dicendo e cioè che non è questa la strada da percorrere! Distruggere materia per produrre energia significa distruggere dei beni preziosi, inquinare l’ ambiente, mettere a rischio settori vitali per la nostra economia come l’ agroalimentare, ma soprattutto mettere a rischio la nostra salute. Quando abbiamo perso la salute noi o i nostri cari che altro ci resta ? Per che cosa dovremmo vivere se non per difendere proprio e prima di tutto la Vita stessa e la Salute? Sappiate che siamo in tanti, tanti, tantissimi ed ogni giorno di più, decisi a difendere questi Beni anche per per tutti quelli che ora sembrano solo interessati al grande businness, ma che un giorno, se ci ascolteranno, non mancheranno di ringraziarci. Buon Natale a tutti Patrizia Gentilini

SARCOMI A MANTOVA
verdetto è definitivo, e suona come una condanna. E’ la diossina, insieme ad un altro mix di sostanze inquinanti di origine industriale, ad aver causato i casi di sarcomi dei tessuti molli registrati nella popolazione mantovana residente a Frassino e a Virgiliana. A mettere la parola fine sulla vicenda dell’esposizione alla sostanza tossica e cancerogena prodotta fino agli anni Novanta dall’inceneritore del petrolchimico, è ilpool di esperti che ha lavorato alla stesura del Consensus Report. A distanza di un anno dalla presentazione dei risultati dell’indagine sulla diossina nel sangue dei mantovani, i ricercatori (dell’Asl di Mantova, dell’Univeristà di Milano, dell’Istituto superiore di Sanità e dell’Istituto tumori di Milano) hanno trovato una posizione condivisa, un ‘minimo comun denominatore’. Eccole, allora, le conclusioni dello studio. La posizione unitaria del pool di esperti parte dalla premessa che registra una differenza statisticamente significativa tra le concentrazioni di diossina nel sangue dei residenti nella zona industriale e del centro storico. Non solo. La concentrazione aumenta più ci si avvicina alla fonte inquinante, l’inceneritore ex Montedison, con una sorta di ‘doppio gradino’, dal centro a Frassino e da Frassino a Virgiliana. La task force che ha lavorato al report stima anche la concentrazione di inizio anni Novanta, maggiore rispetto al 2005, di circa un terzo a Virgiliana (84 ppt rispetto ai 55 attuali). L’altra risposta definitiva contenuta nel rapporto riguarda il confronto tra i valori registrati nel campione mantovano e il panorama nazionale e internazionale. «La media mantovana si colloca in posizione medio alta, quella di Virgiliana è più alta ma si colloca all’interno dello stesso ordine di grandezza, senza valori fuori scala». E il nesso di causa tra diossine e sarcomi? Il documento usa la definizione di ‘credibile’ per affermare che non ci sono più dubbi sul fatto che a causare quei tumori nella popolazione della zona industriale sia stata l’esposizione prolungata alla sostanza tossica e cancerogena. O meglio, ad un mix di inquinanti, miscele complesse di varie sostanze chimiche, di chiara origine industriale. La diossina, insomma, ma non solo. Questo spiega, secondo gli esperti, perché la differenza di concentrazione di diossina tra i residenti in centro storico e all’ombra dell’inceneritore non è così alta come la differenza di rischio di ammalarsi di sarcoma, 30 volte in più in zona industriale rispetto al centro. Un’anomalia che non trova riscontri nè a Seveso né a Brescia. Gli esperti chiariscono poi che, essendo le cause di rischio ormai storicamente confinate (ad inizio anni Novanta), non c’è nessuna emergenza sanitaria, anche se chiedono ai medici di famiglia una maggior attenzione a quei pazienti che hanno vissuto a lungo nella zona industriale di Mantova nel periodo critico per l’attività del petrolchimico, tra il 1960 e il 1990. E proprio Gloria Costani, il medico di base che nel 1998 aveva segnalato per prima l’elevato numero di casi di sarcoma in zona industriale, ieri ha lanciato un nuovo allarme. «Tra parenti e vicini di casa dei pazienti malati di sarcoma si stanno verificando molti casi di neoplasie e di malattie autoimmuni. Non so se ci sia un legame con le sostanze inquinanti, ma bisogna tenere gli occhi aperti».

DIOSSINE NEL LATTE A BRESCIA.
La parola d’ordine è, come al solito in questi casi, quella di minimizzare, tranquillizzare e gettare acqua sul fuoco. Le autorità non vogliono che i cittadini di Brescia si spaventino e smettano di comprare frutta, verdura e latte dalle aziende agricole che circondano il centro urbano. Non vogliono neppure che smettano di acquistare fiduciosi i prodotti della Centrale del latte, azienda controllata dal municipio che, dopo alcune costose scelte di marketing degli anni passati (la linea di negozi, l’impianto per il latte microfiltrato, eccetera), non può certo permettersi di perdere il feeling con i consumatori della città in cui gioca in casa.

Ma guardiamo i dati ufficiali che filtrano dalla comprensibile cortina di riserbo che copre in parte questa vicenda.

Tre aziende agricole, tra cui la mitica Pastori di viale Bornata (le altre due sono a Flero e al villaggio Violino), si sono viste respingere il latte dalla Centrale per eccesso di diossine e dal 7 dicembre (visto che le incolpevoli 150 vacche coinvolte vanno comunque munte ogni giorno) portano il prezioso liquido alla distruzione (leggi la notizia). Altre sette aziende agricole dell’hinterland Sud tra San Zeno e Roncadelle sono sotto stretta osservazione, perché nel loro latte s’è trovata diossina, anche se non in quantità vietate dalla legge.

Ringraziamo la legge, che ci permette di bere un po’ di diossina con il latte e di mangiarla con gli ortaggi, le carni e il pesce, ma non troppa. Un po’ di veleno va bene, ma a patto di non esagerare.


Il limite alla presenza di pcb e diossine nel latte è fissato in 6 picogrammi (miliardesimi di milligrammo) per millilitro, mentre quello trovato nel prodotto sequestrato era tra i 6,2 e i 6,5 picogrammi per millilitro.

Intanto, altro dato ufficiale, della vicenda è stata informata la Procura della Repubblica di Brescia, e l’Asl sta compiendo analisi anche sullo yogurt e il mascarpone prodotti con il latte della Centrale cittadina. Si aspetta giovedì, quando dall’Istituto zooprofilattico arriveranno i risultati di analisi più approfondite.

Ma c’è davvero bisogno di aspettare giovedì per sapere quello che è sotto gli occhi di tutti? La diossina si forma in ogni combustione in cui è presente anche cloro (per esempio bruciare la plastica, fondere metalli con vernici e così via) ed è una sostanza molto stabile: ci vogliono decine di anni perchè scompaia dai terreni contaminati. Nel tessuto adiposo della gente, poi, rimane per sempre. Dalle ciminiere passa al terreno, da qui all’erba, dal foraggio al grasso delle mucche e al loro latte, dagli animali arriva all’uomo.

La sua caratteristica peggiore è che ad ogni passaggio della catena alimentare si concentra sempre di più. La diossina, riconosciuta come elemento cancerogeno dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul cancro, è quindi intorno e dentro di noi. Perfino, come è provato, nel latte materno.

Guardiamoci attorno, lasciando pure perdere l’area a sud della Caffaro dove il Pcb scorre letteralmente a fiumi, e contiamo le decine di ciminiere che circondano Brescia. Dispiace per gli incolpevoli allevatori dell’hinterland, dispiace per i bilanci della Centrale del latte, ma non c’è bisogno di aspettare altre analisi per capire che evidentemente esiste un enorme problema di qualità dell’approvvigionamento, dovuto alla degenerazione dell’ambiente della nostra città assediata dai veleni.

Che cosa fare allora? Poco, ma qualcosa è possibile: prima di tutto aumentare i controlli. Essendo Brescia evidentemente una zona a rischio, siamo in piena emergenza ambientale. L’Arpa, l’azienda regionale alla quale sono demandate le verifiche, dovrebbe incrementare il numero delle centraline di monitoraggio ed effettuare controlli a sorpresa. Stesso discorso per gli alimenti da parte dell’Asl.

E poi bisogna usare tutti gli strumenti previsti dalla legge per reprimere e colpire gli inquinatori. Anche quando sono in gioco i posti di lavoro, perché la salute pubblica deve venire prima di tutto.
(di Patrizia Gentilini)

Fonte: agoramagazine.it
368  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / Uranio impoverito: La sindrome di Quirra inserita:: Agosto 09, 2008, 08:23:32 pm
Post del 22/12/07

20/12/07 - di Flaviano Masella, Angelo Saso
Misteriose malattie attorno al più grande poligono d'europa

La trasmissione l'INCHIESTA di Rainews24 torna a Villaputzu in Sardegna, un piccolo centro di un centinaio di abitanti adiacente al poligono militare di Quirra, il più grande d'Europa. Dopo le denunce sull'uranio impoverito e la presenza delle nano particelle di metalli pesanti individuate in animali nati malformati e persino nei tessuti di alcuni militari del poligono interforze, si parla ormai da anni della cosiddetta Sindrome di Quirra.

L' inchiesta si occupa anche di un aspetto finora tralasciato dalle ricerche precedenti: la presenza di campi elettromagnetici nella banda delle microonde, prodotti presumibilmente dai radar installati nell'area militare.
Il "caso Quirra" riemerge dunque con la sua lunga catena di morti nella minuscola frazione alle porte del poligono più grande d'Europa e con i dati terribili delle nascite di bambini deformi nel piccolo paese di Escalaplano. Da oltre vent'anni gli abitanti vivono nel terrore. Il tasso di natalità medio è di 20 nascite l'anno ma nel 1988 ci sono state ben sei nascite "anomale", tra le quali anche un caso di ermafroditismo.
L’attività del poligono non sembra rallentare. Il poligono di Quirra, cresce non solo in estensione ma soprattutto nelle tipologie di armi sperimentate e nei test degli aerei senza pilota e rischia di trasformare la Sardegna in un territorio asservito alle esigenze militari e industriali su scala internazionale.
Per avere dati precisi sulla cosiddetta sindrome di Quirra Il gruppo inchieste di Rainews24 ha deciso di effettuare delle analisi sulle urine di 3 volontari:
il primo è un agricoltore che vive e lavora vicino al poligono sempre a contatto con la terra e quindi con le polveri;
Il secondo è un ex operatore missilistico che ha lavorato fin dal 1968 in basi militari, la maggior parte del tempo proprio qui in Sardegna, malato terminale che non vuole che il suo caso venga usato per coinvolgere il poligono anche se non esclude l’eventualità che questo sia coinvolto.
Il terzo è un pastore. Suo padre è morto di leucemia e la zona dove opera si trova proprio tra le due aree del poligono. Racconta che 3 anni fa 20 capretti sono nati ciechi SU UN GREGGE DI 300. Siccome non riuscivano ad essere autonomi, a pascolare, li hanno macellati.

Ma quale è la causa misteriosa della Sindrome di Quirra?

Fonte: rainews24.it
369  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / LO SMOG UCCIDE 350MILA EUROPEI inserita:: Agosto 09, 2008, 08:03:56 pm
Post del 19/09/06

Ricevo da Luca, lo ringrazio e posto.

11 settembre 2006
LO SMOG UCCIDE 350MILA EUROPEI
Il numero di vittime annue del particolato atmosferico. In Italia riduce l'aspettativa di vita di 8,3 mesi. Gli esperti: «Troppo deboli le contro misure»

Il particolato atmosferico in Italia riduce, in media, di 8,3 mesi l'aspettativa di vita e causa la morte di 350 mila europei l'anno. È il preoccupante dato che emerge dal secondo convegno nazionale sul particolato atmosferico (in corso a Firenze fino al 13 settembre) all'interno del XXII congresso nazionale della Società chimica italiana.

«Solo a Milano - spiega il professor Ezio Bolzacchini, docente all'università Bicocca e tra i massimi esperti della materia - ogni anno ci sono 800 decessi prematuri a causa dell'inquinamento. Le politiche attuate in Italia sono palliative e con pochi effetti nel breve termine. Bisogna prevenire le emissioni con l'utilizzo di nuove tecnologie».

Fonte: lanuovaecologia.it
370  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / EFFETTI SULLA SALUTE UMANA DEGLI IMPIANTI DI INCENERIMENTO DI RIFIUTI inserita:: Agosto 09, 2008, 07:57:21 pm
Post del 20/10/07

19 ottobre 2007 - Patrizia Gentilini ISDE Italia patrizia.gentilini@libero.it


371  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / Uranio, una guerra di scorie inserita:: Agosto 09, 2008, 07:52:17 pm
di Sara Dellabella 19/10/2007

Iraq, Somalia, Bosnia, Kosovo e Afghanistan oltre a ricordare l'impegno bellico mondiale degli ultimi anni, a molti ricorderanno anche gli effetti collaterali delle Sindromi denominate del Golfo o sindrome dei Balcani. Malattie che nascondono la stessa mano, l'uranio impoverito.
Questo materiale costituisce lo scarto della produzione delle centrali termonucleari, che l'industria ha avuto il pregio di riconvertire in armamenti.

L'uranio oltre a essere un'ottima arma elimina il problema dello stoccaggio delle scorie. Di fatto usare un proiettile ad uranio impoverito, vuol dire disseminare il territorio di scorie radioattive.

La sperimentazione di queste munizioni partono negli anni '60, secondo alcune fonti gli israeliani le avrebbero usate contro i palestinesi nella guerra del 1973, fonte parzialmente confermata dal governo degli Stati Uniti che riconosce in Israele uno dei maggiori detentori di munizionamenti all'uranio impoverito (DU). Attualmente i mezzi che utilizzano questo genere di armamenti sono i carri Abrams e gli elicotteri Apaches. Le fonti dichiarano che un utilizzo massiccio dell'uranio impoverito fu fatto in occasione della Guerra del Golfo, nel 1993 in Somalia e secondo un comunicato Ansa del novembre 2002 "nel territorio della federazione bosniaca si registra un aumento di leucemia nei bambini" mentre una fonte bosniaca avvertiva che negli anni precedenti alla guerra i casi clinici simili erano fermi a 13, dopo la guerra del 2002 i casi erano divenuti 24. A proposito la Nato confermò di aver usato uranio impoverito durante i bombardamenti, i proiettili sparati erano circa 31.000, in sintesi sul Kosovo erano stati scaricati 10 tonnellate di scorie nucleari. Senza contare che nel mare Adriatico furono rilasciati gli armamenti inutilizzati, durante le operazioni nei Balcani, dagli aerei di ritorno alla base di Aviano. Con la conseguente immissione nella catena alimentare di sostanze tossiche.

E' il 9 ottobre del 2007, la Senatrice Menapace chiede al Ministro Parisi che si faccia chiarezza sullo sgancio di alcune bombe all'uranio impoverito nel lago di Garda nel 1998. Il giorno dopo le maggiori testate nazionali, titolano "Uranio, 255 militari malati di tumore", "Uranio, 37 soldati morti e 255 malati di cancro". Cancro e tumori declinati come Sindromi delle ultime guerre, contati in divise e non in uomini.
Già perché si contano i soldati, ma non si tiene conto delle popolazioni che rimangono nei territori contaminati.

E così le storie che arrivano dalla Sardegna, dove invece si muore della Sindrome di Quirra, dove non si combatte alcuna guerra se non quella della sperimentazione bellica.

Le commissioni parlamentari di inchiesta in questi anni hanno portato a risultati minimi, mentre le associazioni e scienziati di tutto il mondo portavano avanti la loro lotta sulla base di dati concreti e statistici, ed oggi ancora si discute della responsabilità dell'uranio connessa alle patologie dei soldati rientrati dalle missioni internazionali di dieci anni fa. Mentre in questo momento altri nostri contingenti sono impegnate nelle zone interessate dall'utilizzo dell'uranio, soldati destinati ad ammalarsi, mentre lo Stato prende tempo e non si cura degli effetti collaterali. Ecco a voi la storia di un'Italia impoverita in tempo di pace.

Fonte: rivistaonline.com
372  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / Gassificatori: la falsa soluzione al problema dei rifiuti inserita:: Agosto 09, 2008, 07:46:49 pm
Post del 03/10/07

di Dario Giardi

Il processo della gassificazione dei rifiuti si sta proponendo come la soluzione al problema rifiuti o comunque come una valida alternativa agli inceneritori e ai termovalorizzatori.
La gassificazione è un trattamento termico dei rifiuti che implica la trasformazione della materia organica tramite riscaldamento a temperature variabili (a seconda del processo da 400 a 1200 °C), rispettivamente in condizioni di assenza di ossigeno o in presenza di una limitata quantità di questo elemento. Gli impianti che sfruttano tali tecnologie in pratica, piuttosto che fondarsi sulla combustione, attuano la dissociazione molecolare ottenendo in tal modo molecole in forma gassosa più piccole rispetto alla originarie (syngas) e scorie solide o liquide.

Nonostante la tipologia di rifiuti trattabili sia (per alcuni tipi di impianto) la stessa degli inceneritori, tuttavia sono pochi gli impianti di questo genere che trattano rifiuti urbani tal quali: molto spesso infatti riguardano frazioni merceologiche ben definite quali plastiche, pneumatici, scarti di cartiera, scarti legnosi o agricoli oppure biomasse in genere.

Se si trattano biomasse, l'energia imprigionata attraverso la fotosintesi clorofilliana in tali sostanze organiche può così essere liberata o bruciando il gas di sintesi in una caldaia per sfruttarne il calore o alimentare una turbina a vapore, o usandolo come combustibile per motori a scoppio, o ricavandone idrogeno da usare poi in pile a combustibile per produrre elettricità. Questo gas può essere successivamente utilizzato per produrre energia elettrica nonchè ovviamente calore.

I gassificatori appaiono, quindi, come un sistema efficiente per sfruttare le potenzialità energetiche delle biomasse in generale, oltre che dei rifiuti solidi urbani. Infatti, molti ritengono che gli impianti di gassificazione siano destinati a sostituire in futuro gli attuali inceneritori e termovalorizzatori, anche per i rifiuti urbani, diffondendosi ulteriormente e divenendo i principali trattamenti termici di riferimento.

Fin qui le parole. Ma se passiamo ai fatti la situazione è molto diversa.

Per giustificare la costruzione di un gassificatore vengono spese molte parole da parte dei proponenti, di alcuni politici e di qualche associazione. Analizzando bene la situazione si comprende, però, come tale tecnologia non sia ancora affidabile ma soprattutto come non dia maggiori garanzie in termini di impatto ambientale e produzione energetica rispetto ad un inceneritore o termovalorizzatore.


Alle porte di Roma, nell’attuale sito di Malagrotta, una delle discariche più grandi d’Europa, si sta cercando in tutti i modi di istallare un impianto di questo genere. Confrontando le parole di rassicurazione dei politici e dei vari ingegneri si scoprono molte cose interessanti che lascio volentieri al commento dei lettori. (03/10/07)

Fonte: loccidentale.it
373  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / Rischio pesticidi inserita:: Agosto 09, 2008, 07:39:06 pm
Post del 02/10/07

Grazie a Paolo per il contributo

Salvate i bambini dal rischio pesticidi

Tendiamo a sottovalutare il rischio rappresentato dai «pesticidi», nome generico per i numerosi prodotti chimici insetticidi (agricoli e non), funghicidi, e così via (l'eufemismo più in voga è fitofarmaci). Eppure si tratta di rischio a lungo termine, e riguarda non solo chi manipola direttamente questi prodotti (i lavoratori agricoli ad esempio).


In un recente studio condotto su 60 bambini tra 1 e 6 anni, figli di lavoratori agricoli nella Carolina del Nord, negli Usa, è risultato che quasi il 90 per cento aveva tracce di pesticidi nelle urine. Lo studio è riportato dalla rivista Environmental Health Perspective (www.ehponline.org), ed è stato condotto da un gruppo di medici e epidemiologi che hanno anche intervistato le madri - in spagnolo, perché si tratta di lavoratori latinos - e osservato le condizioni residenziali e ambientali in cui vivono i bambini. La conclusione è semplice: i ricercatori hanno cercato 14 metaboliti dei pesticidi più comunemente usati e nei campioni di urine di quei bambini ne hanno trovati 13.

In media, ogni bambino aveva quattro diversi pesticidi nella pipì: segno, dicono i ricercatori, che i figli di lavoratori agricoli sono sottoposti a molteplici fonti di esposizione ai pesticidi, e che queste sostanze restano nell'ambiente (in cui i bambini vivono) per lunghi periodi. I bambini con ogni probabilità sono esposti ai pesticidi perché abitano vicino ai campi in cui lavorano i loro genitori, perché ci vanno e ci passano del tempo - magari ci giocano accanto - o perché le sostanze manipolate restano sugli abiti dei genitori.

Ovviamente anche gli adulti sono esposti al rischio, ma ancor più i bambini per la loro età e per l'organismo ancora in fase di rapido sviluppo: «L'effetto di sostanze tossiche sul loro sistema neurologico può essere devastante», fa notare Danielle Nieremberg, ricercatrice del Worldwatch Institute di Washington (dal cui sito riprendiamo la notizia di questo studio). La ricerca condotta in Carolina del Nord è limitata a una comunità di braccianti ispanici, ma il risultato è senza equivoci e dovrebbe allarmare: i ricercatori affermano che per evitare una tale esposizione dei bambini ai pesticidi sono necessarie diverse misure per modificare le condizioni ambientali in cui i piccoli vivono, e misure di protezione per i loro genitori. Aggiungono che sarebbero necessarie ulteriori ricerche per misurare in modo più preciso l'esposizione di lavoratori e loro figli, e gli effetti sulla salute dell'esposizione contemporanea a multiple sostanze.

Del resto, anche i bambini di ambienti urbani sono spesso esposti a sostanze chimiche nocive - di uso domestico invece che agricolo, ma non meno tossiche e forse perfino meno controllate. L'articolo del Worldwatch Institute cita altri studi sui pesticidi metabolizzati dall'organismo di bambini, anche in questo caso scelti tra i figli di lavoratori latinos, in quartieri urbani poveri. Cita poi lo studio pubblicato nel 2006 dalla rivista Pediatrics, che faceva notare come le donne incinte di New York sono comunemente esposte ad alcuni insetticidi usati nelle case contro gli scarafaggi: lo studio rivelava che i bambini con alti livelli di esposizione prenatale al clorpyrifos (ormai vietato negli Usa nelle zone residenziali) mostrano ritardi nello sviluppo motorio e mentale.

Il consumo mondiale di pesticidi è aumentato in modo esponenziale negli ultimi quarant'anni: secondo la stima ripresa dal Worldwatch, nel 1961 si usavano in media 0,49 chili di «fitofarmaci» per ettaro coltivato, nel 2004 se ne usano circa 2 chili. Per l'industria chimica mondiale è un affare colossale, ma al costo di un rischio enorme per la salute umana: non solo di chi lavora i pesticidi o di chi li usa, ma anche dei loro figli. E di chi li mangia o li beve. Insomma: i bambini latinos della Carolina del Nord sono un altro argomento a favore di un'agricoltura con meno pesticidi.
Marina Forti

Fonte: ilmanifesto.it
374  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / Densa nube di polveri inquinanti sta uccidendo i ghiacciai dell'Himalaya inserita:: Agosto 09, 2008, 07:25:44 pm
Post del 03/08/07

Il Pianeta nella polvere

Una densa nube di polveri inquinanti sta uccidendo i ghiacciai dell'Himalaya. Questa è la sconvolgente conclusione cui è giunto un team di ricerca statunitense, che ormai da mesi sta studiando e monitorando l'enorme nube marrone che aleggia sull'Asia meridionale.

Il particolato, ovvero l'insieme delle sostanze inquinanti prodotte dall'uomo e sospese nell'aria, potrebbe avere responsabilità molto più pesanti rispetto ai gas serra per quanto riguarda il surriscaldamento di intere aree geografiche.
"La nostra scoperta sta suscitando molto scalpore in India. La maggior parte delle riserve idriche dell'India settentrionale e centrale sono fornite dai fiumi che originano dai grandi ghiacciai dell'Himalaya" ha dichiarato David Winker, responsabile del team di ricerca, alla prestigiosa rivista scientifica Nature.

Su scala globale, le nubi di particolato create dalla combustione di biomasse e combustibili fossili raffreddano parzialmente l'atmosfera, riflettendo i raggi solari che le colpiscono verso lo spazio. Ma su scala locale, i risultati di questa nuova ricerca dimostrano come queste nubi dense di polveri siano in grado di assorbire parte delle radiazioni solari, contribuendo al riscaldamento di ampie aree dell'atmosfera terrestre.
Utilizzando particolari simulazioni computerizzate e un complesso modello matematico, i ricercatori hanno scoperto che l'effetto delle "nubi marroni", sommato a quello dei gas serra, ha contribuito per il 60% al progressivo surriscaldamento dell'atmosfera sopra l'Himalaya.

La più alta catena montuosa del pianeta si è surriscaldata di un quarto di grado ogni dieci anni, con una rapidità doppia rispetto all'andamento del surriscaldamento dell'intero globo terrestre. Questa scoperta conferma ancora una volta i complessi rapporti di causa-effetto tra attività dell'uomo e surriscaldamento globale, ma anche la sostanziale imprevedibilità di un clima sottoposto a continui e innaturali cambiamenti.
La Terra è un atleta malato che continua a correre la sua maratona, nonostante i crampi e il fiato ormai corto. Che succederà quando arriverà il primo strappo muscolare? Ma soprattutto, possiamo davvero permetterci di attendere?

Fonte: cattivamaestra.blog.lastampa.it
375  General Category / Inquinamento Ambientale, Nanoparticelle, ecc. / Morire di diossina nel paese dei rifiuti inserita:: Agosto 09, 2008, 07:20:37 pm
Post del 12/05/07

Ricerca dell’Oms:
qui il cancro uccide trenta volte di più

ACERRA - Vincenzo viveva fra le bestie che portava al pascolo in una campagna spettrale, dove gli alberi sono rachitici, il colore dell'erba vira sul giallo pallido, e le zolle mostrano strane macchie color verde marcio sotto le sagome imponenti della Montefibre in disarmo e di un inceneritore di rifiuti in costruzione. «Vedrai se fra poco non morirò anch'io», diceva al fratello ogni volta che una delle pecore partoriva il corpo senza vita di un agnellino deforme: con il muso rincagnato, o privo di orecchie, o con un solo occhio. E' andata proprio così: Vincenzo Cannavacciuolo, 59 anni, pastore di Acerra, è stato seppellito 25 giorni fa. L'ha distrutto un cancro a un polmone, che con la velocità del lampo gli ha mangiato anche reni e ossa. Il pastore che aveva previsto la sua fine vivrà nel ricordo dei suoi cari. Ma per le statistiche i nomi e i volti non contano: Vincenzo è solo un numero, e va sommato a quello dei morti che si stanno contando a decine ad Acerra, epicentro di uno dei disastri ambientali più spaventosi d'Italia. Qui, come in altri sette comuni disseminati fra le province di Napoli e Caserta, certi tumori uccidono fino a trenta volte di più che nel resto del paese, e il rischio di malformazioni congenite cresce dell'83 per cento. Colpa dei roghi di rifiuti che sprigionano diossina e delle discariche illegali in cui vengono buttate sostanze tossiche e scarti industriali provenienti da tutt'Italia.

Pochi giorni prima della morte di Vincenzo, è stata pubblicata una ricerca dell'Organizzazione Mondiale della sanità a cui hanno collaborato l'Istituto superiore della sanità, il Cnr e l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente. Titolo: «Trattamento dei rifiuti in Campania: impatto sulla salute umana. Correlazione tra rischio ambientale da rifiuti, mortalità e malformazione congenita». Gli esperti hanno lavorato in 196 comuni campani, analizzando i dati sui decessi per vari tipi di tumori e mettendoli in relazione con la «pressione ambientale» legata alla prersenza dei rifiuti. Hanno diviso i paesi in cinque categorie: la prima raggruppa i centri meno inquinati, la quinta quelli disastrati. La maglia nera è stata aggiudicata, oltre che ad Acerra, ad Aversa, Bacoli, Caivano, Castel Volturno, Giugliano, Marcianise e Villa Literno.

Adulti e bambini si giocano la vita in quell'inferno di fumi velenosi provocati dai rifiuti in fiamme e di miasmi sprigionati dalle sostanze chimiche sotterrate. Sanno, ad esempio, che le donne si ammalano 12 volte più che altrove di nove tipi di tumore. Sanno, ancora, che il rischio di morire di cancro al fegato è più elevato del 29 per cento. Sanno, infine, che il rischio di malformazioni congenite per i più piccoli cresce dell'84 per cento. E poi ci sono gli animali. Da anni, ad Acerra, le pecore muoiono come mosche, o nascono deformi. Racconta Alessandro Cannavacciuolo, nipote di Vincenzo: «Nel 2003 la mia famiglia possedeva 2.500 capi, oggi ne abbiamo 250. Le bestie mangiano erba avvelenata e acqua contaminata, e partoriscono mostri». Alessandro dice che la terra nasconde tonnellate di robaccia tossica. Lui stesso racconta di aver visto decine di bidoni accatastati in campagna, in attesa di essere schiacciati con una pressa e sepolti: «Il mio paese è stato trasformato nell'immondezzaio d'Italia».

C'è chi scaraventa spazzatura ma anche «bombe chimiche» fra i copertoni incendiati dai bambini rom che, come racconta Peppe Ruggiero di Legambiente, «sono pagati con 50 euro a rogo»: una pratica, questa, prediletta dalla camorra che si arricchisce con l'emergenza senza fine dei rifiuti in Campania.

E c'è addirittura chi ha spacciato per concime un composto di diossina, mercurio, amianto e fanghi tossici provenienti dalle industrie venete e toscane.
Così ci ha guadagnando due volte: con lo smaltimento illegale e con la vendita del «fertilizzante» che ha avvelenato la terra. Lo ha scoperto la magistratura che, poco più di un anno fa, ha fatto arrestare i titolari di una ditta specializzata nel trattamento delle sostanze chimiche. Ad Acerra il Governo Prodi ha dichiarato lo stato d'emergenza "per fronteggiare l'inquinamento ambientale da diossina". I Cannavacciuolo non possono più vendere il latte delle pecore né gli animali per la macellazione. «Noi siamo condannati a morire di fame, ma i contadini continuano a vendere la verdura coltivata nella stessa terra su cui cresce l'erba avvelenata», protesta il nipote di Vincenzo, Alessandro, che sbircia con preoccupazione la sagoma del grande termovalorizzatore. L’impianto entrerà in funzione a ottobre e, secondo il Commissariato straordinario di governo diretto da Guido Bertolaso, contribuirà a risolvere senza inquinare l'eterna emergenza dei rifiuti in Campania. «Altro fumo, altra cenere, altra diossina», borbotta Alessandro.

Ad Acerra è un fiorire di movimenti di lotta. I leader della fondazione Eidos e del «Comitato donne del 29 agosto» non credono affatto alle rassicurazioni di Bertolaso: «L'unico sistema per non morire avvelenati e sviluppare la raccolta differenziata e bonificare il territorio», dicono. E' d'accordo con loro il farmacologo Antonio Marfella, che lavora all'istituto dei tumori "Pascale" di Napoli. «L'impianto entrerà in funzione senza che nessuno, dal Ministero della Salute alla Regione, abbia pensato di sottoporre gli abitanti ad analisi per verificare quante sostanze velenose già abbiano in corpo», dice, e racconta un curioso episodio avvenuto in uno degli otto comuni dove il cancro falcia più vite che altrove: "Un colonnello dell'esercito che vive a Castel Volturno si è sottoposto a una serie di esami di laboratorio in una città del nord. E’ rimasto di sasso quando ha scoperto che nel suo organismo ci sono 37 picogrammi di diossina. Gli hanno spiegato che quei valori sono alti, ma purtroppo frequenti per chi vive vicino a un'industria. Il fatto è che a Castel Volturno non c'è neanche una fabbrica...". (12/5/2007)
FULVIO MILONE

Fonte: lastampa.it
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