Autore Topic: Metalli pesanti: Le spiagge artificiali di Rosignano Solvay  (Letto 11614 volte)

cristiana

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13-06-11  di A. Theo Pini



AMBIENTE. Un angolo di paradiso in provincia di Livorno? Il mare turchese e la sabbia bianca che assomigliano a quelli dei Caraibi sono invece uno degli effetti dei decennali scarichi chimici. L’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente in Toscana tiene sotto monitoraggio la zona. Ma la situazione è davvero sotto controllo?

La Solvay, gettando in mare gli scarti di fabbrica, ha reso la zona di Rosignano-Vada in Toscana un luogo ai limiti della fantascienza.
Il mare azzurro turchese e la spiaggia bianca candida richiamano un paesaggio tropicale e una visione paradisiaca che però nascondono un inferno malato. Il “paradiso” in questione, non è opera di una divinità ma dell’uomo. È un paradiso artificiale che non può portare alcun beneficio a coloro che lo frequentano. La natura è stata infatti sottomessa dall’uomo, che l’ha spremuta fino all’ultima goccia assoggettandola completamente a sé. Rosignano Solvay, cittadina in provincia di Livorno, porta il marchio di fabbrica nel nome (Solvay è un gruppo belga operante nel settore chimico, farmaceutico e delle materie plastiche).
Secondo le testimonianze di chi vive in questa realtà, la gente o muore di vecchiaia o di cancro. I cartelli con scritto “Divieto di balneazione” sono stati rimossi di recente dai gestori degli stabilimenti balneari. La spiaggia e il mare - che sono stati insigniti di bandiera blu - attraggono centinaia di turisti durante tutte le stagioni. Nel 2003 c’è stata una svolta nell’annosa questione degli scarichi a mare della Solvay e dei suoi enormi consumi di acqua dolce.
Veniva stipulato un “Accordo di programma” tra istituzioni locali e multinazionale belga con tre obiettivi da raggiungere processualmente: a) ridurre del 70% gli scarichi a mare; b) chiudere la vecchia elettrolisi a mercurio; c) diminuire i consumi di acqua dolce di 4 milioni di mc/anno. Il primo obiettivo veniva ottenuto, in parte, con un investimento pubblico-privato nella costruzione del depuratore Aretusa che avrebbe dovuto fornire a Solvay 4 milioni di acqua dai depuratori civili di Rosignano e Cecina, a fronte del minore emungimento dalle falde - ad opera di Solvay - di 2 milioni di mc/anno di acqua di pregio. Il secondo obiettivo si è raggiunto con la chiusura dell’elettrolisi nel dicembre 2007. Tutto il mercurio emesso fino a quel momento però è ancora in mare e nell’ambiente. D’altra parte, l’Accordo di programma non prevedeva la bonifica del sito inquinato evidentemente troppo costosa.
 
Metalli pesanti
L’obiettivo della diminuzione del 70 per cento degli scarichi solidi entro la fine del 2007 non è stato rispettato. Pendono sulla Solvay una denuncia alla Procura della Repubblica di Livorno e un’indagine della Guardia di finanza, in quanto Solvay ha già ottenuto circa 30 milioni di euro per le misure di ambientalizzazione a fondo perduto dallo Stato. In relazione invece agli scarichi idrici, i problemi principali sono essenzialmente due: l’immissione in mare di fanghi, ovvero residui provenienti dai processi di lavorazione della soda, e la presenza di metalli pesanti bioaccumulabili come mercurio, arsenico, cadmio e cromo. Ulteriori criticità sono rappresentate dalle fughe di ammoniaca e dalla presenza di solventi organici o catalizzatori (chinoni) potenzialmente cancerogeni o mutageni. Per quanto concerne i fanghi, non si pongono problemi di tossicità. Tuttavia questi materiali venivano scaricati in quantità talmente rilevanti (circa 300mila tonnellate annue prima dell’Accordo di programma) da dare origine negli ultimi anni alle cosiddette “spiagge bianche”.
Riguardo alla presenza di metalli pesanti assorbiti dai fanghi durante i processi di scarico, i problemi maggiori provengono dal mercurio: questo metallo, in parte arriva con il calcare estratto dalle colline metallifere e in parte deriva dal particolare processo d’elettrolisi adottato dalla società belga fino a giugno 2007. Tale processo è stato caratterizzato per diversi anni da forti perdite che hanno raggiunto anche 100 grammi per ogni tonnellata di cloro prodotta. La questione del mercurio negli scarichi è stata parzialmente risolta nell’ambito del già citato Accordo di programma, con il passaggio dalla tecnologia a mercurio a quella a membrana e con la conseguente eliminazione del mercurio dagli scarichi. Diciamo “parzialmente” perché poco o niente si può fare per il mercurio già scaricato, assorbito dai fanghi più antichi e accumulato nelle catene alimentari. I controlli effettuati da Arpat (l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente in Toscana) presso lo scarico generale e riportati nella “Relazione semestrale sugli scarichi” (I e II semestre 2007) evidenziano che le concentrazioni riferite alla maggior parte di sostanze inquinanti presentano valori al di sotto della soglia stabilita dal D.Lgs. 152/9929. Arpat, nel corso del 2007, ha eseguito anche controlli a piè d’impianto che sono risultati per la maggior parte entro i limiti di legge. È da sottolineare come i controlli effettuati da Arpat riguardino la concentrazione di determinate sostanze inquinanti nei campioni prelevati dallo scarico Solvay. Ciò che è rilevante ai fini della valutazione dell’impatto ambientale dello stabilimento tuttavia non è solo la concentrazione di una sostanza ma soprattutto la quantità totale scaricata in un certo periodo. Per ottenerla bisogna moltiplicare la concentrazione per la “portata”. Ma è proprio sull’entità della portata che si sono riscontrate divergenze tra i valori dichiarati da Solvay e quelli misurati dal Servizio idrografico della Regione che risultano maggiori. Infatti il rispetto dei limiti stabiliti dalla legge può essere facilmente aggirato pompando acqua pulita nello scarico, diluendo in questo modo gli inquinanti. Tali problematiche sono emerse anche a Rosignano.
 
Quel braccio di ferro
Negli anni Settanta, è iniziato il braccio di ferro tra Solvay e Comune. Da una parte, la società belga voleva far attuare il monitoraggio degli inquinanti in un punto di confluenza del fosso di scarico (Fosso bianco) con un altro fosso (Fosso Lupaio) che portava acqua con inevitabile abbattimento delle concentrazioni, in quanto contiene l’acqua della cosiddetta “salamoia esausta”, proveniente dall’elettrolisi dopo un processo di “demercurizzazione”. Dall’altra, il Comune voleva invece la separazione del monitoraggio dei due fossi al fine di permettere un reale controllo delle sostanze inquinanti alle rispettive foci. La questione - ad oggi - è ancora aperta, tant’è che i controlli di Arpat sono effettuati sul Fosso Bianco che contiene le acque di scarico del Fosso Lupaio. A Rosignano prosegue intanto indisturbata la produzione di clorometani, nocivi alla fascia di ozono. Nel 1989 a seguito dell’introduzione di norme internazionali più restrittive nei confronti della produzione di sostanze nocive alla fascia di ozono (Protocollo di Montreal e seguenti), Solvay chiuse l’impianto clorometani di Jemeppe in Belgio e potenziò quello di Rosignano. I clorometani, come i clorofluorocarburi, sono composti molto volatili e leggeri che riescono a raggiungere gli strati alti dell’atmosfera, e qui - scissi dalle radiazioni solari - liberano il cloro che distrugge l’ozono. Il rilascio di enormi quantità di sospensioni ha “sterilizzato” alcuni chilometri di costa, dove la vegetazione marina, la fauna bentonica e pelagica sono scomparse. Le concentrazioni dei solidi sospesi eccedono di molto i parametri previsti dalla legge fin dalla emanazione della Legge 319/’76. Praticamente da allora Solvay gode di un regime di deroga rispetto a questo parametro che viene rinnovato ogni quattro anni con delibera provinciale. La situazione va avanti così, in regime transitorio-stabile, da quasi trent’anni. Il rischio ambientale appare quindi nel complesso elevato, nonostante le autorità sanitarie e della protezione ambientale della zona tendano a minimizzare i pericoli. I tecnici Arpat hanno archiviato molte morie di pesci avvenute in questo tratto di mare con la formula: “morti per cause naturali”. Ma il settore della piccola pesca va ormai scomparendo decimato dal continuo riversamento degli scarichi in mare.

Fonte
Cristiana

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