Autore Topic: ESPOSIZIONE INTERNA ALL'URANIO IMPOVERITO  (Letto 11135 volte)

cristiana

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ESPOSIZIONE INTERNA ALL'URANIO IMPOVERITO
« il: Luglio 24, 2010, 06:59:29 »
I pericoli dell’uranio impoverito
Questo metallo emette particelle alfa, beta e raggi gamma. Sia le particelle alfa sia quelle beta non hanno una grande capacità di penetrazione e, in pratica, possono essere arrestate già dalla pelle o al massimo dal tessuto delle uniformi. I raggi gamma no, sono radiazioni ad alta energia ma, come si è detto, l’emissione dell’uranio impoverito è molto debole. Inoltre si deve tenere presente che il nucleo di uranio è posto all’interno del proiettile e, quindi, la radiazione risulta schermata. Studi condotti dal Dipartimento della Difesa statunitense avrebbero dimostrato che l’equipaggio dei carri che ospitano l’intero munizionamento del carro sono esposti a una dose di radiazioni che non supera i livelli di sicurezza stabiliti per la popolazione.

Con l’uranio impoverito, di conseguenza, i pericoli non sono legati tanto alla radioattività quanto al fatto che come tutti i metalli pesanti, a partire dal piombo, è tossico e tende ad accumularsi nell’organismo (in particolare ossa e reni). Il pericolo di intossicazione ha origine dal fatto che al momento dell’impatto il penetratore di uranio impoverito letteralmente si polverizza bruciando, è quindi si ha dispersione nell’aria, e poi nel terreno e nell’acqua, di particelle che possono essere inalate, bevute, introdotte con gli alimenti. In pratica, è come usare un gas tossico i cui effetti, però, si manifestino con l’andare del tempo e non immediatamente come avviene con i gas nervini o altre armi chimiche.

Che cosa risulta finora
Per capire gli effetti sull’organismo del metallo è bene distinguere tra esposizione interna ed esterna. La pericolosità dell’esposizione esterna dipende dall’emissione di radiazioni: è vero che l’uranio impoverito e l’uranio naturale sono debolmente radioattivi, ma è anche vero che oggi si tende a credere che non esistano dosi di radiazioni innocue. Comunque, a oggi non risulta che l’esposizione esterna all’uranio impoverito causi direttamente tumori del sangue o tumori solidi. Vero è che secondo alcuni studiosi aumenta comunque il rischio di tumori.

Per l’esposizione interna, invece, il discorso cambia e anche la debole radioattività delle particelle del metallo diviene pericolosa:
infatti queste si arrestano nei polmoni, se riescono a superare lo sbarramento delle prime vie aeree, e lì restano per parecchi anni esercitando il loro effetto distruttivo.

Nei polmoni, però, si fermano soltanto le particelle insolubili, mentre quelle che si sciolgono nei fluidi passano in circolo e vanno a esercitare una serie di effetti tossici in primo luogo a carico dei reni, come avviene per il piombo. Non è ancora chiarito se, come per il piombo, anche per l’uranio impoverito si possano avere effetti neurologici a livelli inferiori a quelli necessari perché si presenti la tossicità renale.

Secondo alcuni studi, condotti però con un occhio di riguardo all’establishment militare, il rischio della contaminazione ambientale è poco più che trascurabile, ma non esistono indagini serie e controllate al riguardo.

Altre fonti, vicine ai movimenti pacifisti, fanno invece presente che dopo la guerra del Golfo in Iraq la leucemia è balzata dal settimo al quarto posto per diffusione tra i tumori. Di certo almeno uno studio, condotto su reduci americani dal conflitto in Iraq dimostrerebbe conseguenze sul sistema nervoso, minore efficienza cognitiva, tra coloro che hanno subito l’esposizione interna, provata dai superiori livelli di uranio riscontrati nelle urine. Studi in vitro molto recenti, poi, hanno mostrato che l’uranio impoverito induce la mutazione degli osteoblasti umani (le cellule che costruiscono le ossa) nella variante cancerogena, anche se poi gli autori dicono che questo non significa necessariamente che lo stesso effetto si produca nell’organismo. Tutti indistintamente proclamano comunque che sono necessari altri studi. Intanto, senza sapere quali possano essere gli effetti, si continuano a usare i proiettili incriminati.

Fonti:
Fetter s, von Hippel N. The hazard posed by depleted uranium munitions. Science & Global Security 1\999 8:2; 125-161
McDiarmid MA et al. Health effects of depleted uranium on exposed Gulf War veterans. Environ Res 2000 Feb;82(2):168-80
Durakovic A. Medical effects of internal contamination with uranium. Croat Med J 1999 Mar;40(1):49-66
Miller AC et al. Transformation of human osteoblast cells to the tumorigenic phenotype by depleted uranium-uranyl chloride. Environ Health Perspect 1998 Aug;106(:465-71
Il rapporto del Dipartimento della Difesa statunitense sull'esposizione durante la guerra del Golfo, http://www.gulflink.osd.mil/du/
Cristiana

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Re:ESPOSIZIONE INTERNA ALL'URANIO IMPOVERITO
« Risposta #1 il: Agosto 09, 2010, 07:24:32 »
Clamorosa svolta nelle indagini dell'osservatorio militare permanente

L'Uranio è innocente. L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) l'ha assolto a marzo dello scorso anno, in un rapporto di 43 pagine compilato da una task force di quattro esperti.
Per le vittime di Uranio, spuntano nuovi colpevoli. Una svolta eclatante, in cui trovano giustificazione anche le indagini del Ministero della difesa.
Franco Mandelli, l'ematologo presidente della commissione scientifica, precisava quasi un anno fa che non erano state "riscontrate contaminazioni di acqua, latte, viveri, edifici ed oggetti" e che "la letteratura scientifica non documenta una correlazione tra i linfomi non Hodgkin e l' esposizione alle radiazioni da uranio".
Cicli di vaccinazioni selvagge: potrebbero essere questi ad aver ucciso i militari impiegati in Bosnia.
Ormai da un anno l'osservatorio militare permanente coordinato dal maresciallo Domenico Leggiero, ritiene di aver in mano le prove di questa verità.
"Secondo le direttive del Ministero - rivela Leggiero - le dieci vaccinazioni avrebbero dovuto essere eseguite sui ragazzi almeno 28 giorni prima della loro partenza. Al contrario, i militari sono stati vaccinati sul posto, con richiami fino a un anno".
Le sostanze tossiche presenti nelle fiale di vaccino, insomma, interagendo con un ambiente contaminato avrebbero agito da attivatori di malattie.
Una verità sostenuta da centinaia di studi medico - scientifici, che dimostrano il collegamento tra i linfomi non Hodgkin e le sostanze contenute nelle vaccinazioni e da un'indagine commissionata dal Pentagono oltre un anno fa e che dimostrava altri due assiomi scientifici.
Il primo: "l'Uranio è poco radioattivo (il 40% in meno rispetto all'uranio normale, contenuto nell'aria, nell'acqua e nel cibo che si consuma ogni giorno)".
Il secondo: "l'uranio impoverito - si leggeva nel rapporto - , per tossicità, è simile al nickel. L'inalazione o l'assunzione di polveri può provocare effetti collaterali. Ma come qualsiasi altra sostanza chimica tossica".
Quella dell'osservatorio militare è peraltro molto più di un'ipotesi. E sono già scattate le richieste di risarcimento.

Autore delle perizie di parte è un medico di prima linea, dott. Massimo Montinari, il primo in Italia ad essersi occupato delle complicanze da vaccino, sin dal '94, e che attualmente risulta tra i maggiori esperti del settore.
I casi eccellenti sono almeno due. Il primo riguarda il decesso di Andrea Antonacci, sottufficiale dell'esercito di Firenze, uno dei primi ad essere deceduto dopo la missione in Bosnia.
I controlli sanitari effettuati prima della sua partenza per la Bosnia evidenziano che fino all'espatrio, il giovane aveva goduto di buona salute.
A dicembre 1998, quando era già a Sarajevo, il giovane aveva presentato dei sintomi similinfluenzali. Nonostante il suo stato di salute non fosse migliorato nei mesi seguenti, a febbraio, era stato sottoposto alla vaccinazione antiepatite B.
Rientrato in Italia, verso la metà di giugno '99, all'Ospedale Careggi di Firenze, il ragazzo aveva deciso di sottoporsi ad esami radiologici.
Di lì l'amara scoperta: era affetto da Linfoma non hodgkin a grandi cellule B. Un'insufficienza cardio-respiratoria lo aveva stroncato a dicembre 2000.
Montinari non ha dubbi: potrebbero essere stati i cicli massicci di vaccinazioni cui il militare era stato sottoposto, ben 9 nell'arco di appena due mesi.
E cita, a sostegno della sua tesi, almeno un centinaio di studi scientifici internazionali. E i vaccini sarebbero, sempre secondo Montinari, i responsabili del diabete mellito contratto da un altro militare, un sergente maggiore sardo, anch'egli coinvolto nelle operazioni di Sarajevo nello stesso periodo.
Le tredici vaccinazioni cui il militare era stato sottoposto in un anno avrebbero apportato al suo organismo 1269 microgrammi di alluminio per ogni litro di sangue e 116.74 microgrammi/litro di mercurio.
Dosi lesive, se si considera che la quantità di mercurio sopportabile da un adulto in un ambiente sano è pari a 5 -20 microgrammi per ogni litro di sangue e quella di alluminio a 6 -11 microgrammi / litro di sangue.
Quelle recenti di "Uranio" sarebbero le ultime di una lunga lista di vittime generata dai vaccini al veleno. Montinari sostiene di avere al vaglio almeno una ottantina di cartelle cliniche appartenenti a militari impregnati in operazioni oltre Oceano, negli ultimi dieci anni.
"La medicina legale in Italia - sostiene il medico - sta cambiando atteggiamento sulle correlazioni tra cause da vaccino e insorgenza post vaccinale, rivalutando la quantificazione del danno biologico per i  militari".
 Nell'attesa, al danno si aggiunge la beffa: per tutti i militari colpiti da malattie più o meno gravi a seguito di vaccinazioni massicce subite per operazioni oltre Adriatico, l'unico provvedimento dell'esercito è stato il loro "licenziamento".
By Anna Leogrande

Fonte:www.mednat.org
Cristiana

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