Autore Topic: Morì per l'uranio: condannato il Ministero della Difesa  (Letto 14803 volte)

cristiana

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Morì per l'uranio: condannato il Ministero della Difesa
« il: Maggio 25, 2016, 10:06:32 »
21-05-2016
Morì per l'uranio: condannato il Ministero della Difesa
Salvatore Vacca è deceduto il 9 settembre 199 a soli 23 anni di leucemia, contratta dopo l’esposizione a munizioni

Secondo i giuduci c'è un nesso causale tra la malattia e
l’inalazione di agenti tossici e non è stato protetto
adeguatamente il militare


Salvatore Vacca è morto più di sedici anni fa. E ora, per quel decesso, la Corte di appello di Roma ha condannato il ministero della Difesa.
La colpa? Condotta omissiva nei confronti del soldato. È stato così certificata la relazione tra l’esposizione all’uranio impoverito e lo sviluppo delle neoplasie.
Vacca, originario di Nuxis (Carbonia-Iglesias), caporalmaggiore dell'esercito del 151° reggimento della Brigata Sassari, è  morto il 9 settembre 1999 a soli 23 anni di leucemia, contratta dopo l’esposizione a munizioni all’uranio impoverito durante la missione in Bosnia, dove è stato impiegato per 150 giorni come pilota di mezzi cingolati e blindati tra il 1998 e il 1999.
Il suo caso era stato uno dei primi a far esplodere lo scandalo. Nella sua attività Vacca ha trasportato munizioni sequestrate, materiale che, scrivono i magistrati, si sarebbe dovuto considerare “come ad alto rischio di inquinamento da sostanze tossiche sprigionate dall'esplosione dei proiettili” e i rischi “si devono reputare come totalmente non valutati e non ottemperati dal comando militare”.
Nella sentenza, i giudici di secondo grado spiegano che “la pericolosità delle sostanze prescinde dalla concentrazione” e denunciano “la condotta omissiva di natura colposa dell'Amministrazione della Difesa” e il “comportamento colposo dell'autorità militare per non aver pianificato e valutato bene gli elementi di rischio”.
Per la Corte quindi non ci sono dubbi sulla condotta omissiva del Ministero per non aver protetto adeguatamente il militare, che, secondo i giudici, “configura una violazione di natura colposa delle prescrizioni imposte non solo dalle legge e dai regolamenti, ma anche dalle regole di comune prudenza”.
Secondo la sentenza, c’è quindi un nesso causale tra la malattia e l’inalazione di agenti tossici nel corso del servizio nei Balcani. Nell’organismo del militare, infatti, sono state rintracciate svariate particelle di metalli pesanti non presenti per natura nell’uomo e ciò conferma il “reale assorbimento nel sistema linfatico di metalli derivanti dalla inalazione o dalla ingestione da parte del militare nella zona operativa”. 
La colpa che è stata addebitata al Ministero è stata quella di non aver agito in tempo per impedire che il caporalmaggiore Vacca (e altri soldati, si parla di oltre 300 persone uccise dall’uranio impoverito, anche se la causa riguardava solo Vacca) si ammalasse. Motivo per cui ora il ministero dovrà risarcire la famiglia del soldato per oltre un milione e mezzo di euro. “Non saranno i soldi – ha detto la mamma, assistita dall’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, a ‘Il Corriere della Sera’ – se mai li dovessero dare, a colmare il dolore che ha lasciato Tore. Era un ragazzone alto, 1,82, pesava 80 chili quando è partito per la Bosnia. Alla fine ne pesava 50. Sapeva che stava per morire. Ma scherzava, era sempre lui. Quando uscì l’ultima volta dalla dialisi che non ce la faceva più alzo il braccio e disse al babbo: ‘Batti il cinque’. Due giorni dopo non c’era più”. Poi spiega: “Dopo cominciarono a dire che si erra ammalato in licenza. Ma dove avrebbe preso tutti quei metalli e quelle sostanze che aveva nel sangue qui a casa? Io ancora non sapevo nulla. Non sapevo dell’uranio che si irradia dai proiettili sparati. Tutti negavano”.
La causa iniziò nel 2002, per volontà proprio della mamma di Salvatore, Giuseppina, quando cominciarono a diffondersi sui mass media i primi allarmi per l'uso di questa sostanza. Il problema è che, al momento dell’impatto, crea una polvere sottilissima che può provocare malattie, anche gravi. Ed è una polvere che rimane nella zona a lungo, mantenendo la propria pericolosità.
Una sentenza, quella della Corte, che è stata definita “storica” da Domenico Leggiero dell'Osservatorio Militare “perché conferma la consapevolezza del ministero del pericolo a cui andavano incontro i militari in missione in quelle zone e sono sicuro che giovedì prossimo in audizione alla Commissione uranio il ministro della Difesa Roberta Pinotti terrà conto di questa decisione”.   Leggiero ricorda inoltre che si tratta “della 47esima sentenza di condanna ottenuta dall’avvocato Angelo Fiore Tartaglia dell'Osservatorio nei confronti del ministero della Difesa. È stato un crescendo di presa d’atto da parte della magistratura che oggi ha emesso questa sentenza unica in Europa che potrebbe chiudere definitivamente il caso uranio impoverito. Questa sentenza darà certamente una spinta maggiore alla missione della quarta Commissione parlamentare” che indaga sui casi di morti per neoplasie di militari in missione.

FONTE
Cristiana

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