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Farmacovigilanza / I due volti della Talidomide (Contergan)
« il: Luglio 31, 2010, 07:12:13  »
La Talidomide fu sintetizzata nei primi anni 50 in Germania dalla società farmaceutica Grunenthal.

Il farmaco ottenne l’indicazione come sedativo, antinausea ed ipnotico, rivolto in modo particolare alle donne e venne commercializzato a partire dal 1957, dopo alcuni anni di prove su animali.

Ben presto la commercializzazione della Talidomide fu estesa a quasi 50 Paesi con diversi marchi, tra cui Contergan.

Grunenthal, tramite la società americana Richardson-Merrell, cercò di registrare la Talidomide anche negli Stati Uniti, ma incontrò l’opposizione dell’Agenzia di controllo, FDA ( Food and Drug Administration ).

Con l’uso della Talidomide, cominciarono ad emergere i primi casi di neuropatia periferica e di bambini che nascevano con gravi malformazioni tra i quali la focomelia.
In altri casi i bambini nascevano con difetti agli occhi e alle orecchie o a carico di organi interni ( ad esempio l’intestino ).

Solo alla fine del 1960, la rivista medica, British Medical Journal, pubblicò una lettera di un medico inglese che segnalava casi di neuropatia periferica con l’impiego della Talidomide.

Ma il caso Talidomide scoppiò nel 1961 quando un pediatra tedesco segnalò più di 150 casi di malformazioni in neonati di madri che avevano assunto la Talidomide.

In seguito a queste dichiarazioni, alla fine del 1961 le Autorità sanitarie tedesche obbligarono Grunenthal a ritirare il farmaco dal commercio per i suoi effetti teratogenici, responsabili della nascita di migliaia di bambini focomelici.

Nonostante il ritiro in Germania la Talidomide rimase sul mercato ancora per diversi mesi in alcuni Paesi come l’Italia.

Si stima che la Talidomide provocò la nascita di 8.000 - 12.000 neonati con malformazioni. Inoltre, 40.000 persone svilupparono neuropatia periferica indotta dalla Talidomide.

In seguito, la maggiore conoscenza degli effetti della Talidomide ha permesso una sorta di riabilitazione del farmaco, che ha mostrato di possedere proprietà antiangiogeniche ed immunomodulanti.

Nel 1998 la Talidomide ha ottenuto l’approvazione dell’FDA ( Food and Drug Administration ) per il trattamento dell’eritema nodoso leproso, una complicanza dermatologica che riguarda pazienti affetti da lebbra.

L’impiego della Talidomide è stato autorizzato anche dalle Agenzie regolatorie di Francia, Australia, Nuova Zelanda, Turchia e Israele per alcune indicazioni quali il mieloma multiplo e l’eritema nodoso leproso.

In Italia il farmaco non è ancora registrato.

In campo oncoematologico, la Talidomide è utilizzata con risultati positivi soprattutto nel trattamento del mieloma.
I meccanismi di azione della Talidomide sono soprattutto di tipo antiangiogenico ( blocco dell’apporto di sangue al tumore e della formazione di nuovi vasi ) ed immunomodulatorio ( aumento della risposta immunitaria dell’organismo nei confronti del tumore ).

Numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia della Talidomide nei pazienti con mieloma refrattario o recidivante, ma recentemente ne è stata evidenziata l’efficacia anche nei pazienti mai sottoposti a chemioterapia.

Pur non causando gli effetti collaterali tipici della chemioterapia ( nausea, vomito, caduta dei capelli, ecc ), la Talidomide può provocare eventi avversi anche gravi ( sonnolenza, stitichezza, neuropatia periferica, rash ecc ).

Uno studio, pubblicato su The Lancet dall’Intergroupe Francophone du Myelome ( IFM ) e che ha coinvolto quasi 500 pazienti di età compresa tra i 65 e i 75 anni mai sottoposti a chemioterapia, ha confermato l’importanza dell’impiego della Talidomide nella terapia del mieloma multiplo dell’anziano.
Nello studio, la terapia standard a base di Prednisone e Melfalan e la terapia con Melfalan seguita da trapianto di cellule staminali, sono state confrontate con uno schema terapeutico che prevedeva l’aggiunta di Talidomide.
Dopo un follow-up medio di 51,5 mesi è stata osservata una sopravvivenza mediana maggiore per i pazienti in terapia combinata con Melfalan, Prednisone e Talidomide, rispetto ai pazienti assegnati al protocollo Melfalan e trapianto di cellule staminali ( 51,6 mesi, 33,2 mesi e 38,3 mesi, rispettivamente ).

Secondo gli Autori il protocollo MPT ( Melfalan, Prednisone, Talidomide ) dovrebbe diventare lo standard per la terapia del mieloma multiplo in questa categoria di pazienti.

Nonostante gli effetti positivi ottenuti grazie all’impiego della Talidomide, sono necessari ulteriori studi per definire meglio i meccanismi di azione del farmaco, i dosaggi ottimali, il numero di somministrazioni ed i tempi ottimali di inizio e fine terapia. ( Xagena2007 )

Fonte: www.farmacologia.net
1) Wikipedia, 2007; 2) FDA, 2007; 3) The Lancet, 2007
Gyne2007 Farma2007 Onco2007 Emo2007

1822
La terapia con Exjade associata ad insufficienza renale acuta

Novartis ha informato gli HealthCare Professional di nuovi Warning ( avvertenze ) inserite nella scheda tecnica di Exjade ( Deferasirox ) per il possibile presentarsi di insufficienza renale acuta.
Exjade trova impiego nel trattamento dell’emosiderosi trasfusionale, cioè dell’eccessiva quantità di ferro in seguito alle trasfusioni di sangue.

Prima di iniziare la terapia con Exjade, tutti i pazienti dovrebbero essere sottoposti ad esame della creatinina sierica al basale e dopo ogni mese di trattamento.

I pazienti che possono essere a rischio di complicanze renali dovrebbero essere monitorati a cadenza settimanale durante i primi mesi di terapia con Exjade, o quando il trattamento è modificato, e successivamente ogni mese.

I pazienti ad alto rischio comprendono i soggetti anziani, le persone con preesistente malattia renale o altre condizioni comorbide, e gli individui trattate on farmaci che deprimono la funzione renale.

Sono stati riportati anche casi di citopenia con Exjade, alcuni ad esito fatale.
Tuttavia, la relazione tra Deferasirox e la citopenia è incerta poiché la maggior parte dei pazienti aveva disturbi ematologici preesistenti, associati ad insufficienza midollare.

La conta ematologica dovrebbe essere monitorata regolarmente, ed il trattamento con Exjade interrotto nei pazienti che sviluppano citopenia. ( Xagena_2007 )

Fonte: FDA, 2007
www.xagena.it

1823
L’agenzia che autorizza l’immissione in commercio dei medicinali negli Usa non tutela l’interesse dei pazienti. E strizza l’occhio alle farmaceutiche. L’accusa in un rapporto federale

La Food and Drug Administration, l’agenzia che autorizza l’immissione in commercio dei medicinali sul mercato americano, starebbe perdendo colpi.
Anzi, peggio: non controllerebbe in modo adeguato le diverse sperimentazioni che si svolgono nel paese, perdendo così di vista l’interesse dei pazienti.

Le accuse alla più potente autorità regolatoria del mondo sono contenute nelle 41 pagine del rapporto commissionato due anni fa dal senatore repubblicano Chuck Grassley al Dipartimento per la salute e i servizi alla persona (Hhs) e reso noto il 28 settembre.

Secondo il rapporto, dal 2000 al 2005 la Fda ha condotto 2.856 ispezioni, verificando dunque la correttezza di appena l’1 per cento dei trial clinici avvenuti negli Usa.
Il problema, sostengono gli autori, è che l’ente regolatorio non ha un database con tutte le sperimentazioni, né un registro dei comitati etici incaricati di proteggere i volontari che vi partecipano. Non basta: il dipartimento che revisiona il materiale relativo alle nuove molecole, fornito dalle case farmaceutiche, spesso ritiene che le eventuali violazioni commesse dalle aziende siano molto più leggere rispetto a quanto segnalato dagli ispettori. Inoltre, nei suoi controlli l’agenzia sembra preoccuparsi più della qualità dei dati relativi ai trial già conclusi che al benessere dei volontari in quelli ancora attivi.

Alla pubblicazione, la Fda ha fatto buon viso a cattivo gioco, e ha annunciato che sta già seguendo alcune delle cinque raccomandazioni prospettate dagli autori. Ma sono in pochi a credere che le cose cambieranno: “È una storia già vista”, ha commentato Peter Lurie, direttore del Public Citizen's Health Research Group di Washington, D.C. Il Dipartimento aveva infatti pubblicato analisi simili sin dal 1998, e da allora critiche e problemi sembrano essere immutati. (e.m.)

Fonte:
http://www.galileonet.it/news/8882/fda-sotto-accusa

1824
Il trattamento con Linezolid associato a neuropatia ottica, neuropatia periferica, acidosi lattica e sindrome da serotonina

Linezolid ( Zyvoxid / Zyvox ) è un farmaco antibatterico, appartenente alla classe degli oxazolidoni, che trova indicazione nelle gravi infezioni da Gram-positivi.

Durante gli studi clinici di fase III sono stati evidenziati solo effetti indesiderati di grado minore associati all’antibiotico Linezolid. In realtà nel corso della commercializzazione sono pervenute alle Autorità di controllo dei farmaci segnalazioni di gravi reazioni avverse, tra cui acidosi lattica, neuropatia periferica, neuropatia ottica e sindrome da serotonina.

La neuropatia periferica ed ottica compare generalmente dopo diverse settimane ( valore mediano: 6 settimane ), mentre la sindrome da serotonina dopo diversi giorni ( valore mediano: 4 giorni ).

Ci sono stati 2 casi mortali su 7 segnalazioni di acidosi lattica e 3 su 15 segnalazioni di sindrome da serotonina.

In tutti i casi di neuropatia ottica si è osservato un miglioramento o la guarigione completa, mentre nei pazienti che hanno manifestato neuropatia periferica non sono state riscontrate guarigioni.

Linezolid dovrebbe essere sospeso immediatamente nei pazienti che manifestano questi eventi avversi.

I pazienti trattati con Linezolid per più di 28 giorni dovrebbero essere monitorati per i segni della neuropatia ottica e della neuropatia periferica.( Xagena2007 )

Fonte: www.farmacovigilanza.net
Marita M et al, Pharmacotherapy 2007; 27: 1188-1197
Neuro2007 Farma2007 Inf2007

1825
Controindicazione: Ceftriaxone in associazione a soluzioni contenenti Calcio

Roche ha informato gli HealthCare Professional riguardo ai potenziali rischi associati all’uso concomitante di Rocephin ( Ceftriaxone; in Italia: Rocefin ) con il Calcio o con soluzioni o prodotti contenenti Calcio.

Rocephin e le soluzioni contenenti Calcio non devono essere mischiate o co-somministrate, anche mediante differenti linee infusionali o siti diversi.
Il Rocephin e le soluzioni endovenose contenenti Calcio non devono essere somministrate entro 48 ore l’una dall’altra.
Non sono disponibili i dati sulla possibile interazione tra Ceftriaxone e prodotti per os contenenti Calcio, oppure tra Ceftriaxone intramuscolare ed i prodotti contenenti Calcio ( per os o per via intramuscolare).

Modifiche alla Scheda Tecnica di Rocephin
Controindicazioni
Rocephin non deve essere co-somministrato con soluzioni per via endovenosa contenenti Calcio, tra cui infusione continua contenente Calcio, come la nutrizione parenterale, per il rischio di precipitazione del sale Calcio-Ceftriaxone.

Casi di reazioni fatali con precipitati di Calcio-Ceftriaxone a livello polmonare sono stati descritti nei neonati ( età uguale o inferiore a 28 giorni ).

In alcuni casi le linee di infusione ed il tempo di somministrazione del Ceftriaxone e delle soluzioni contenenti Calcio, differivano.

Avvertenze
Non ci sono ad oggi segnalazioni di precipitazioni intravascolari o polmonari nei pazienti, a differenza dei neonati, trattati con Ceftriaxone e soluzioni endovenose contenenti Calcio.
Esiste tuttavia la possibilità teorica di interazione tra Ceftriaxone e soluzioni endovenose contenenti Calcio nei pazienti. oltre ai neonati.

Pertanto, Rocephin e le soluzioni contenenti Calcio non dovrebbero essere mescolate tra di loro o co-somministrate, anche utilizzando linee di infusione differenti.

Sulla base di considerazioni teoriche e sulle 5 emivite del Ceftriaxone, Rocephin e le soluzioni contenenti Calcio non devono essere somministrate entro 48 ore l’una dall’altra.

Il Ceftriaxone è indicato nel trattamento delle infezioni del tratto respiratorio inferiore e del tratto urinario, setticemia batterica, infezioni cutanee, infezioni delle ossa e delle articolazioni, malattia infiammatoria pelvica, gonorrea non complicata, infezioni intraddominali, otite media acuta e meningite.
Il Ceftriaxone è anche indicato per la profilassi chirurgica nei pazienti sottoposti ad alcune procedure chirurgiche.

I più comuni effetti indesiderati osservati con il Ceftriaxone sono: diarrea ( 2,7% ), rash ( 1,7% ), reazioni locali ( 1% o inferiore ).

Rocephin è controindicato nei pazienti con una allergia nota alle cefalosporine e dovrebbe essere usato con cautela nei pazienti che presentano sensibilità alla Penicilllina.

I neonati iperbilirubinemia, specialmente i prematuri, non dovrebbero essere trattati con Rocephin. ( Xagena2007 )

Fonte: www.farmacovigilanza.net
FDA, 2007
Inf2007 Farma2007

1826
Cephalon, in accordo con l’FDA ( Food and Drug Administration ) ha informato i medici riguardo a gravi eventi avversi con l’uso di Fentora ( Fentanil per bocca ), tra cui casi mortali per selezione impropria dei pazienti ( es. uso nei pazienti intolleranti agli oppioidi ), dosaggio improprio e/o impropria sostituzione di prodotto.

Informazione riguardante la sicurezza di Fentora
1 ) Non si deve impiegare Fentora nei pazienti intolleranti agli oppioidi
2 ) L’impiego di Fentora è riservato solo alle indicazioni autorizzate
3 ) Non si deve prescrivere Fentora nei pazienti con dolore acuto, dolore post-operatorio, cefalea / emicrania, o dopo traumi sportivi
4 ) Fentora non è una versione generica di Actiq pertanto non si deve sostituire Fentora con Actiq o con altri prodotti contenenti Fentanil
5 ) Per il dolore breakthrough ( esacerbazioni transitoria di dolore ), i pazienti non devono assumere più di 2 compresse di Fentora per episodio
6 ) I pazienti devono attendere almeno 4 ore prima di trattare un altro episodio doloroso con Fentora. ( Xagena2007 )

Fonte: www.farmacovigilanza.net
FDA, 2007
Farma2007

1827
Leflunomide associata a neuropatia periferica

L’obiettivo dei Ricercatori dell’Université Victor Segalen a Bordeaux in Francia, è stato quello di monitorare, nella pratica quotidiana, i potenziali sintomi neurotossici nei pazienti trattati con Leflunomide ( Arava ) e di descrivere le caratteristiche dei pazienti che manifestano sintomi a livello del sistema nervoso periferico.

Sono stati studiati tutti i pazienti ( n=113 ), trattati con Leflunomide tra maggio 2000 ed aprile 2003, seguiti dai Ricercatori del Dipartimento di Reumatologia dell’Ospedale Universitario.

Al momento dell’inizio dello studio, i pazienti avevano un’età media di 55,6 anni ( range: 27-81 ).

Nel corso dello studio si sono verificati 8 casi di neuropatia periferica e 2 casi di peggioramento della neuropatia preesistente.

Rispetto agli altri pazienti, i soggetti che hanno manifestato la neuropatia erano più anziani ( 69 versus 54 anni; p=0.0006 ), presentavano una maggiore incidenza di diabete ( 30% versus 2.9%; p= 0.009 ) ed erano più spesso trattati con farmaci potenzialmente neurotossici ( 20% versus 1.9%; p= 0.039 ).

Almeno un fattore di rischio ( farmaco potenzialmente tossico o diabete ) è stato riscontrato nel 50% dei pazienti con neuropatia, contro il 4% dei pazienti senza neuropatia.

Lo studio ha mostrato che nel corso del trattamento dell’artrite reumatoide con Leflunomide può presentarsi neuropatia tossica. ( Xagena2007 )

Martin K et al, Pharmacoepidemiol Drug Saf 2007; 16: 74-78
Reuma2007 Farma2007 Neuro2007



Maggiore incidenza di pancitopenia quando la Leflunomide è associata al Metotrexato

Ricercatori del TGA ( Therapeutic Goods Administration ) hanno valutato l’incidenza di pancitopenia nei pazienti che assumono Leflunomide ( Arava ) con o senza Metotrexato.

Sono state analizzate le segnalazioni giunte all’Australian Adverse Drug Reactions Advisory Committee ( ADRAC ), in Australia.

L’ADRAC ha ricevuto 11 segnalazioni di pancitopenia associata all’impiego della Leflunomide nel corso dei suoi primi 31 mesi di commercializzazione.
In 9 casi, i pazienti stavano assumendo l’associazione Leflunomide e Metotrexato.

E’ stato stimato che l’incidenza di pancitopenia nei pazienti trattati solamente con Leflunomide varia da 1 su 3698 a 1 su 4582 pazienti esposti, mentre per i pazienti che assumono anche Metotrexato le stime variano da 1 su 575 a 1 su 822.

Dallo studio è emerso che l’uso di Metotrexato associato alla Leflunomide aumenta il rischio di pancitopenia rispetto alla sola Leflunomide. ( Xagena2007 )

McEwen J et al, Pharmacoepidemiol Drug Saf 2007; 16: 65-73
Reuma2007 Farma2007 Emo2007

1828
Ritirato dal mercato Silomat, un antitosse, per un potenziale rischio aritmogeno

Boehringer Ingelheim Italia ha informato gli Health Care Professional riguardo al ritiro volontario dai mercati mondiali di Silomat, medicinale a base di Clobutinolo, nelle confezioni sciroppo e gocce orali, come misura precauzionale sulla base di nuove informazioni di sicurezza.

I risultati preliminari di un studio clinico con Clobutinolo su volontari sani hanno mostrato un prolungamento dell’intervallo QTc nell’ elettrocardiogramma ( ECG ).

Sebbene la rilevanza clinica di questi effetti non sia stata pienamente chiarita, come misura precauzionale Boehringer Ingelheim in accordo con l‘Agenzia Italiana del Farmaco ( AIFA ) ha deciso di ritirare dal mercato i medicinali contenenti Clobutinolo.

Boehringer Ingelheim chiede che tutti i pazienti interrompano l’assunzione di Silomat.

Il Clobutinolo è un farmaco antitussivo non-narcotico, ad azione centrale, somministrato per via orale. È indicato come sedativo della tosse.

Recentemente, la comunità scientifica ha sviluppato notevole interesse nell’ accertamento e nell’ approfondimento del prolungamento del QTc e del suo possibile impatto sulle aritmie ( torsades de points ). Nuove tecniche sono oggi disponibili per caratterizzare un farmaco quanto al suo potenziale di prolungare il QTc.

I dati di sicurezza raccolti durante la commercializzazione di Silomat nel mondo a partire dal 1961, hanno indicato che il Clobutinolo è ben tollerato.
I dati cumulativi di sicurezza ad oggi non hanno suggerito un potenziale proaritmico clinicamente rilevante.

Alla luce dei dati sperimentali pubblicati e, secondo le vigenti linee guida ICH, Boehringer Ingelheim ha iniziato, in accordo con le competenti autorità tedesche ( BfArM ), un programma di ricerca, che comprendeva studi non-clinici ed uno studio clinico su volontari sani, per verificare gli effetti del Clobutinolo sull’ ECG.
I risultati preliminari di questo studio clinico ( agosto 2007 ) hanno mostrato un prolungamento dell’ intervallo QTc nei soggetti sani trattati con Clobutinolo.

Sebbene la rilevanza clinica di questi effetti sul QTc non possa essere chiaramente definita, considerando i dati di sicurezza clinica, raccolti nel database di Boehringer Ingelheim, nonché l’ esperienza clinica, si evince che il rischio di aritmia potenzialmente pericolosa per la vita del paziente è molto basso.
Ciononostante, considerando l’indicazione e la disponibilità di alternative terapeutiche, Boehringer Ingelheim ha deciso come misura precauzionale, nell’interesse della sicurezza dei pazienti, di ritirare anticipatamente dal mercato i medicinali che contengono Clobutinolo. ( Xagena_2007 )

Fonte: AIFA, 2007
Farmacovigilanza.net
MedicinaNews.it
XagenaFarmaci_2007

1829
L’uso del Rosiglitazone nei pazienti con cardiopatia ischemica e/o arteriopatia periferica non è raccomandato.

L’EMEA ( Eueopean Medicines Agency ) ha raccomandato l’inserimento di nuove avvertenze e controindicazioni per il Rosiglitazone.

Il Rosiglitazone è disponibile in commercio nell’Unione Europea con il nome commerciale di Avandia ( Rosiglitazone maleato ), Avandamet ( Rosiglitazone maleato / Metformina ) ed Avaglim ( Rosiglitazone maleato / Glimepiride ).

Durante la riunione di gennaio 2008 il CHMP ( Committee for Medicinal Products for Human Use ) ha adottato un’opinione scientifica che raccomanda l’aggiunta di una nuova avvertenza sull’uso del Rosiglitazone nei pazienti con cardiopatia ischemica e/o arteriopatia periferica: in tali pazienti il suo uso non è raccomandato.
Il CHMP ha anche adottato un’opinione che raccomanda l’aggiunta di una nuova controindicazione nei pazienti con sindrome coronarica acuta, quale angina o alcuni tipi di infarto miocardico, poiché il medicinale non è stato valutato in studi clinici controllati in questo specifico gruppo di pazienti.

Le modifiche raccomandate per le informazioni del prodotto sono state decise a seguito di una rivalutazione dei benefici e dei rischi del Rosiglitazone e del Pioglitazone ( Actos ), un altro farmaco antidiabetico.
Questa rivalutazione è stata finalizzata dal CHMP nell’ottobre 2007, concludendo che i benefici di entrambi i farmaci continuano a superare i loro rischi nelle indicazioni approvate, ma in conclusione le informazioni del prodotto per il rosiglitazone devono essere modificate.

Il CHMP e l’Efficacy Working Party stanno riesaminando in maniera complessiva i farmaci antidiabetici ed il rischio cardiovascolare associato al loro uso, e stanno rivalutando le attuali Note for Guidance on clinical investigation of medicinal products in the treatment of diabetes mellitus, per decidere se siano necessarie modifiche al documento. ( Xagena2008 )

Fonte: AIFA, 2008
Endo2008 Farma2008 Cardio2008


1830
Controversie sulla sicurezza cardiovascolare del Pioglitazone e del Rosiglitazone

Due studi hanno mostrato che nel trattamento del diabete di tipo 2, il Pioglitazone ( Actos ) sembra essere più sicuro del Rosiglitazone ( Avandia ).

Il Rosiglitazone aumenta il rischio di infarto miocardico, mentre il Pioglitazone riduce il rischio di infarto miocardico, ictus, e morte.
Tuttavia entrambi i farmaci aumentano il rischio di scompenso cardiaco.

Una meta-analisi di 19 studi clinici, compiuta da Ricercatori della Cleveland Clinic, ha mostrato che il Pioglitazone riduce il rischio di morte, infarto miocardico o di ictus del 18%, ma aumenta anche il rischio di insufficienza cardiaca del 41%.

Un’altra meta-analisi di 4 studi clinici, compiuta da Ricercatori della Wake Forest University School of Medicine a Winston-Salem, ha mostrato che il Rosiglitazone aumenta il rischio di infarto miocardico del 42% e raddoppia il rischio di scompenso cardiaco.

I dati dei Ricercatori della Wake Forest University sembrano confermare i risultati di Steven Nissen della Cleveland Clinic, che a maggio aveva pubblicato sul The New England Journal of Medicine una meta-analisi che mostrava che il Rosiglitazone aumentava il rischio di infarto miocardico.

Avandia ed Actos appartengono alla classe dei tiazolidinedioni, detti anche glitazoni.

Ad agosto, l’FDA ( Food and Drug Administration ) aveva imposto un black box warning nella scheda tecnica di entrambi i farmaci per l’aumentato rischio di insufficienza cardiaca. ( Xagena2007 )

Fonte: 1) JAMA, 2007; 2) NEJM; 2007; 3) FDA, 2007
Farma2007 Endo2007 Cardio2007


1831
Zolpidem ( Stilnox; negli USA Ambien ) è commercializzato in Australia dalla fine del 2000 per il trattamento dell’insonnia.

La struttura di Zolpidem è diversa rispetto a quella delle benzodiazepine, ma presenta un’azione farmacologica simile.

Nel 2002, l’ADRAC ( Adverse Drug Reactions Advisoring Committee ) ha analizzato i dati del primo anno di commercializzazione ed ha osservato che quasi il 75% delle segnalazioni pervenute descrivevano una o più reazioni neurologiche o psichiatriche, specialmente allucinazioni visive, confusione, depressione ed amnesia.
Questi effetti indesiderati non sono condivisi da altri ipnotici.

I più frequenti effetti indesiderati riportati con Zolpidem sono risultati: allucinazioni ( 104 casi ) e amnesia ( 62 casi ).

Reazioni associate al sonno sono state descritte in metà delle segnalazioni.
Di particolare interesse 16 casi di sonnambulismo, che hanno descritto un comportamento automatico insolito mentre il soggetto era addormentato, come il mangiare incontrollato o il dipingere casa.

Sono stati descritti in letteratura 5 casi di pazienti che avevano assunto Zolpidem e che avevano sviluppato un’urgenza incontrollabile di mangiare mentre stavano dormendo e non ricordavano di aver mangiato.

All’ADRAC è giunta la segnalazione di un paziente che ha presentato un aumento di 23 kg in peso nell’arco di 7 mesi, mentre stava assumendo Zolpidem. (Xagena2007)

Fonte: Australian Adverse Drug Reaction Bulettin, 2007
Farmacovigilanza.net
MedicinaNews.it
Farma2007 Neuro2007
XagenaFarmaci_2007
www.farmacovigilanza.net

1832
Zyvox associato ad un aumentato rischio di mortalità

L’FDA ( Food and Drug Administration ) ha emesso un alert rivolto agli HealthCare Professional, riguardo ai problemi di sicurezza dell’antibiotico Linezolid ( Zyvox; in Italia: Zyvoxid ).

Uno studio clinico, che ha confrontato Linezolid con la Vancomicina ( Vanco ), con l’Oxacillina ( Penstapho ) e Dicloxacillina ( Diamplital ) nei pazienti con infezioni da catetere venoso.

Lo studio ha mostrato che i pazienti trattati con Linezolid presentavano una maggiore probabilità di morte rispetto ai pazienti sottoposti ad altri antibiotici.

L’aumentato rischio di mortalità è stato osservato nei pazienti infettati con batteri Gram negativi. Nessuna differenza di mortalità è stata riscontrata nei pazienti infettati da batteri Gram positivi.

Negli USA, Linezolid non è approvato nelle infezioni da catetere venoso o nelle infezioni da batteri Gram negativi.

Fonte: FDA, 2007
Xagena_2007
www.xagena.it

1833
L’FDA ( Food and Drug Administration ) ha approvato cambiamenti alla scheda tecnica di Trasylol ( Aprotinina ).

Trasylol è un farmaco che viene somministrato ai pazienti prima di un’operazione chirurgica per ridurre il sanguinamento e la necessità di trasfusione di sangue.

Il cambiamento della scheda tecnica sottolinea che Trasylol deve essere somministrato solo a pazienti che sono ad aumentato rischio di perdita di sangue e che potrebbero necessitare di trasfusione di sangue durante interventi di bypass coronarico quando i pazienti sono sottoposti a bypass cardiopolmonare.

Nella scheda tecnica è stato inserito un warning: Trasylol aumenta il rischio di danno renale.
Inoltre, viene spiegato come ridurre e come gestire il rischio di reazioni di ipersensibilità.

I cambiamenti della scheda tecnica fanno seguito a una revisione condotta dall’FDA riguardo alla sicurezza del Trasylol, dopo la pubblicazione di due studi clinici.
Uno studio ha riportato un aumento del rischio di insufficienza renale, infarto miocardico e ictus nei pazienti trattati con Trasylol rispetto a quelli trattati con altri farmaci.
Mentre l’altro studio ha riportato solo un aumento del rischio di danno renale rispetto ad altri farmaci, ma non ha mostrato nessun aumento del rischio di infarto miocardico o di ictus.

A fine settembre 2006, Bayer Pharmaceuticals ha fornito all’FDA i dati di uno studio di sicurezza.
I risultati preliminari di questo studio hanno mostrato che in aggiunta ai gravi danni renali, il Trasylol può aumentare l’incidenza di mortalità, insufficienza cardiaca congestizia e di ictus.
L’FDA sta esaminando i dati di questo nuovo studio. ( Xagena_2006 )

Fonte: FDA, 2006
Farmacovigilanza.ne t
MedicinaNews.it
Farma2006 Emo2006

1834
Farmacovigilanza / Remicade: rischio di infezioni e tumori
« il: Luglio 31, 2010, 06:30:20  »
Questo è un farmaco fatto assumere a persone che soffrono di artrite reumatoide.

L’FDA Center for Drug Evaluation and Research ( CDER ) ha approvato il cambiamento della scheda tecnica di Remicade ( Infliximab ) riguardo al Boxed Warning.

I pazienti trattati con Remicade sono ad aumentato rischio di infezioni, tra cui progressione verso gravi infezioni che richiedono l’ospedalizzazione o risultano mortali.
Queste infezioni comprendono la sepsi batterica, la tubercolosi e le infezioni fungine invasive e le altre infezioni opportunistiche.

I pazienti dovrebbero essere monitorati per i segni ed i sintomi dell’infezione durante e dopo il trattamento con Remicade.

I pazienti che sviluppano un’infezione dovrebbero essere valutati per l’appropriata terapia antimicrobica e per le gravi infezioni.

Nei pazienti trattati con Remicade sono stati osservati casi di tubercolosi ( frequentemente disseminata o extrapolmonare, alla presentazione clinica ).
I pazienti, prima di iniziare il trattamento con Remicade e durante la terapia, dovrebbero essere valutati per i fattori di rischio della tubercolosi e valutati per l’infezione latente di tubercolosi.
Il trattamento della tubercolosi latente nei pazienti con test della tubercolosi reattivo riduce il rischio della riattivazione della tubercolosi nei pazienti che devono essere sottoposti a terapia con Remicade.

Alcuni pazienti che erano negativi al test per la tubercolosi latente, prima di ricevere Remicade, hanno sviluppato tubercolosi attiva.
I medici dovrebbero pertanto monitorare i pazienti che ricevono Remicade per i segni e per i sintomi di tubercolosi attiva, comprendendo pazienti che sono risultati negativi al test per l’infezione latente di tubercolosi.

Negli Warnings è riportato che in alcuni studi clinici di alcuni inibitori del TNF ( Tumor Necrosis Factor ), tra cui Remicade, è stata osservata una maggiore incidenza di tumori ( comprendendo linfoma e tumore cutaneo non-melanoma ) nei pazienti che sono stati trattati con i farmaci anti-TNF, rispetto ai pazienti di controllo.

Cinque pazienti che hanno ricevuto Remicade hanno sviluppato linfomi su una popolazione di 5.707 pazienti.
I pazienti affetti da psoriasi dovrebbero essere monitorati per i tumori cutanei non-melanoma, in modo particolare quelli che sono stati sottoposti ad un precedente, prolungato trattamento di fototerapia. ( Xagena_2006 )

Fonti: FDA, 2006
Farmacovigilanza.net
MedicinaNews.it
Farma2006 Reuma2006 Endo2006 Dermo2006 Gastro2006 Onco2006 Emo2006
XagenaFarmaci_2006

1835
Parkinson, pericolo per il cuore
Studio italiano, alcuni farmaci danneggiano valvole cardiache[/b]


I farmaci 'dopamino agonisti ergolinici' danneggiano le valvole cardiache dal 23,4% al 28,6% dei casi. Lo afferma uno studio italiano. Lo studio e' pubblicato dal New England Journal of Medicine. 'Da tempo - afferma il direttore del Centro Parkinson ICP di Milano, Gianni Pezzoli - si sospettava che questi farmaci fossero causa di problemi cardiopolmonari e un paio d'anni fa c'era anche stato uno studio su Lancet sulla 'cabergolina', uno dei farmaci in questione. (Ansa 04-01-07)

Fonte: ansa.it

1836
Public Citizen, un'organizzazione di consumatori statunitensi, ha condotto un'analisi sul database AERS (Adverse Event Reports) dell'FDA (Food and Drug Administration).

Durante il periodo 1/1/1998 e 31/12/2004 sono giunte all'FDA 258 segnalazioni di neuropatia ottica ischemica indotta da farmaci.

I farmaci con la più elevata percentuale di segnalazioni di neuropatia ottica ischemica sono risultati essere: Sildenafil, Interferone, Amiodarone.
Questi 3 farmaci erano responsabili del 42% di tutti i casi di neuropatia ottica ischemica.

Il Sildenafil (Viagra) è risultato il farmaco con la maggiore incidenza.

Un'analisi allargata, basata sulla ricerca di 6 key-words (neuropatia ottica ischemica, difetto del campo visivo, cecità, cecità unilaterale, scotoma, infarto del nervo ottico) ha mostrato che i soggetti che assumevano Viagra avevano una probabilità 18 volte maggiore rispetto a quelli che assumevano Atorvastatina (Lipitor/Torvasc), un farmaco che riduce il colesterolo LDL, di andare incontro a neuropatia ottica ischemica.

I soggetti che assumevano Tadalafil (Cialis) avevano una probabilità ancora maggiore (25 volte) di neuropatia ottica ischemica sempre rispetto all’Atorvastatina.
Tuttavia, le segnalazioni di neuropatia ottica ischemica con il Cialis erano notevolmente inferiori rispetto a quelle del Viagra, probabilmente a causa del minor numero di prescrizioni.

La neuropatia ottica ischemica non arterica (NAION) è una patologia che insorge in modo improvviso e che conduce in molti casi a cecità, generalmente in un occhio.
La causa di questa grave patologia non è nota.
E' stato ipotizzato che a provocarla sia un'ipotensione notturna, soprattutto nei soggetti di età superiore ai 50 anni.
Studi hanno dimostrato che il diabete può essere una causa predisponente.

Pfizer, la società farmaceutica produttrice del Viagra, ha negato l’esistenza di una relazione tra assunzione di Viagra e neuropatia ottica ischemica.

Le affermazioni di Pfizer sono contraddette dalle conclusioni di uno studio, pubblicato sul Journal of NeuroOphthalmology nel 2001, condotto da Cunningham AV e Smith KH dello Scott & White Memorial Hospital a Temple nel Texas: "The temporal relationship between the doses of Sildenafil citrate and the onset of visual loss make it difficult to accept the notion that these were unrelated coincidental events..." è difficile sostenere che l'assunzione di Viagra e la perdita della vista siano eventi non correlati. (Xagena 2005)

Fonte: Public Citizen, 2005

1837
Farmacovigilanza / Re:RU-486 pillola abortiva
« il: Luglio 31, 2010, 06:21:33  »
La pillola RU486 nell’aborto medico

Il Mifepristone viene utilizzato nell’approccio farmacologico all’interruzione precoce della gravidanza, definita come aborto medico, in alternativa all’aborto chirurgico.
L’efficacia del farmaco è aumentata dall’impiego di una prostaglandina: l’associazione Mifepriston e Misoprostolo rappresenta la modalità più diffusa per l’induzione dell’aborto medico.

Il Mifepristone è uno steroide sintetico, con spiccata attività antagonista verso i recettori del progesterone. È ben assorbito per via orale ed ha un’emivita di circa 18-20 ore.
Nel corso delle prime sperimentazioni fu utilizzata la sigla RU 38486, poi abbreviata in RU 486 dall’azienda produttrice, la Roussel Uclaf, da cui il suo secondo nome.

Il progesterone è l’ormone che assicura il mantenimento della gravidanza, grazie alle sue diverse attività a livello uterino. Il Mifepristone blocca l’azione progestinica sui recettori inibendo lo sviluppo embrionale e determinando il distacco e l’eliminazione della mucosa uterina, con un processo simile a ciò che accade durante la mestruazione.
Somministrato a donne in gravidanza, porta al rigetto della placenta e all’aborto, sensibilizzando inoltre il miometrio alle contrazioni indotte dalle prostaglandine.
Come altri progestinici ha anche affinità per altri recettori, con effetti antagonisti di rilievo e prolungati: quelli per il cortisolo ( inizialmente è stato sperimentato anche clinicamente nel morbo di Cushing ) e quelli per gli androgeni, ma a concentrazioni molto più elevate.

Impiego
Il Mifepristone viene utilizzato nell’approccio farmacologico all’interruzione precoce della gravidanza, definita come aborto medico ( o farmacologico ), in alternativa all’aborto chirurgico. L’efficacia del farmaco è aumentata dall’associazione, solitamente un paio di giorni dopo la somministrazione di Mifepristone, con una prostaglandina che stimola le contrazioni uterine e favorisce l’eliminazione della mucosa e dell’embrione.

L’impiego del Mifepristone è stato esteso ad altre indicazioni, quali la dilatazione cervicale in preparazione all’aborto chirurgico nel primo trimestre, l’interruzione di gravidanza terapeutica successiva al primo trimestre, l’induzione del travaglio in presenza di morte intrauterina del feto.

In ginecologia il Mifepristone è stato valutato come pillola del giorno dopo, come metodo contraccettivo per via orale e nel trattamento dell’endometriosi.

Altri ambiti di utilizzo riguardano la malattia di Cushing da produzione ectopica di ACTH, i tumori con recettori per il progesterone ed il cortisolo quali il leiomiosarcoma e il meningioma.

Effetti collaterali e complicanze
L’utilizzo del Mifepristone nell’interruzione di gravidanza produce l’insorgenza di perdite ematiche vaginali e contrazioni uterine che determinano l’aborto.
Gli studi condotti sull’associazione Mifepristone e Misoprostolo hanno riportato una serie di effetti collaterali ( nausea, vomito, diarrea ), legati principalmente all’utilizzo delle prostaglandine, ed il cui aumento di incidenza appare associato all’incremento dei dosaggi utilizzati.
Dolore addominale e contrazioni uterine sono effetti collaterali comunemente riportati, insieme a nausea ( 34-72% ), vomito ( 12-41% ) e diarrea ( 3-26% ).
Eventi avversi segnalati con minore frequenza sono cefalea, vertigini, affaticamento, febbre.
Le complicanze gravi sono rare e riconducibili al sanguinamento importante con necessità di emostasi chirurgica ( 0,36-0,71% ), alla necessità di trasfusione ( 0,08-0,26% ), all’infezione uterina ( 0,01-0,21% ).
L’organizzazione statunitense Planned Parenthood Federation of America ha pubblicato i dati relativi all’utilizzo nella pratica clinica del Mifepristone 200 mg / Misoprostolo 800 mcg per più di 95.000 interruzioni volontarie di gravidanza ( IVG ) tra il 2001 ed il 2004: poco più di 2 donne su 1000 sono andate incontro a complicanze ( sanguinamento importante la più frequente ) tali da rendere necessario un trattamento in ospedale, a fronte di una evidenza di fallimento del metodo nel 3,5 per 1000 dei casi. Si stima inoltre una mortalità materna dell’1,1 per 100.000, sulla base di uno shock settico con esito fatale.

Un report pubblicato nel dicembre del 2005 ha raccolto i dati del registro Adverse Event Reporting System della Food and Drug Administration ( FDA ) relativi al Mifepristone ed ha riportato una lista di eventi avversi, espressi in termini di valori assoluti.
Per gli anni 2000-2004 sono state registrate 607 segnalazioni spontanee di eventi avversi in seguito all’uso del Mifepristone in linea con il regime approvato per l’aborto medico: i più rilevanti fanno riferimento ad emorragie ( 237 ) e infezioni ( 66 ). Sono segnalate inoltre 5 morti materne: due da sepsi, una da gravidanza ectopica, una da emorragia massiva, una ad eziologia sconosciuta.

. In corso di trattamenti prolungati del farmaco, come in campo oncologico, unitamente ad un profilo generale di buona tollerabilità, sono emersi alcuni effetti collaterali, condizioni quali affaticamento, vampate di calore, tensione mammaria, ginecomastia, iperplasia / polipi endometriali, e l’insorgenza di un ipotiroidismo biochimico.

Carcinogenesi e teratogenesi
Studi su animali hanno indicato un’azione inibente l’apoptosi delle cellule epatiche da parte del Mifepristone, che gli autori ipotizzano possa incrementare la suscettibilità al tumore epatico.

L’esposizione neonatale al Mifepristone in animali non è stata associata ad anomalie riproduttive strutturali e funzionali, ad eccezione di esposizioni prolungate.
Gli studi di teratogenesi condotti in campo animale suggeriscono un effetto teratogeno per il coniglio ( deformità del cranio ), che tuttavia non è stato confermato in altre specie animali.

La quota di difetti congeniti attribuibili in campo umano all’esposizione in utero al Mifepristone e al Misoprostolo appare molto bassa e riconducibile all’effetto del Misoprostolo, associato quest’ultimo a difetti da ipovascolarizzazione, come le agenesie trasverse degli arti e la sindrome di Moebius.

Il report relativo al registro della FDA prodotto sulla base di segnalazioni volontarie, ha riportato 3 casi documentati di anomalie fetali: sindrome di Moebius, difetto del tubo neurale, oligomonodattilia-dismorfismo facciale-meningoencefalocele.
La letteratura segnala alcuni case-report successivi all’impiego del solo Mifepristone: nello specifico uno è relativo a un caso di sirenomelia e labiopalatoschisi, un altro, più recente, a un caso di sindrome da bande amniotiche.

L’impiego del Mifepristone nell’aborto medico in associazione al Misoprostolo, il cui rischio teratogeno è noto, rende indispensabile una condotta clinica di follow-up attivo delle donne sottoposte a tale procedura e degli insuccessi legati al trattamento.

Il Mifepristone e l’aborto medico
L’OMS ( Organizzazione Mondiale della Sanità ) stima intorno a 19 milioni il numero delle donne che va incontro ad aborto non-sicuro ogni anno nel mondo, la quasi totalità nei Paesi in via di sviluppo. Si stima inoltre che la mortalità legata a queste procedure interessi circa 68.000 donne ogni anno.

Il documento-guida prodotto dalla collaborazione tra il Program for Appropriate Technology in Health ( PATH ), l’OMS e l’United Nations Population Fund ( UNFPA ), relativo ai farmaci essenziali per la salute riproduttiva, sottolinea come in aree dove l’IVG ( interruzione volontaria della gravidanza ) con modalità chirurgiche è stata resa legale, l’aborto medico può rappresentare un’alternativa in termini di sicurezza, in contesti dove non sia garantita la presenza di infrastrutture e personale adeguatamente formato per la conduzione dell’aborto chirurgico.

In molti dei paesi industrializzati il metodo farmacologico può essere considerato un’opzione offerta alla donna da parte dei servizi sanitari.

L’aborto medico
Il metodo farmacologico per l’interruzione della gravidanza è divenuto un’alternativa alla tecnica chirurgica con l’introduzione delle prostaglandine negli anni ‘70 e degli antagonisti del progesterone negli anni ‘80.

I farmaci identificati e valutati nel tempo per un utilizzo clinico sono stati il Gemeprost ed il Misoprostolo come prostaglandine, il Mifepristone e il Metotrexato, impiegabili da soli o in associazione.

L’associazione Mifepristone e misoprostolo rappresenta la modalità più diffusa per l’induzione dell’aborto medico.
Tale associazione è stata inserita nell’elenco dei farmaci essenziali per la salute riproduttiva, prodotto nel marzo del 2006 dall’OMS.
Tra i principi ispiratori del documento vi è la consapevolezza che l’individuazione e la selezione di una serie di farmaci ritenuti importanti rappresentino un aspetto rilevante anche in questo ambito di salute pubblica.

Nei Paesi che prevedono l’aborto medico, la pratica clinica fa riferimento a due regimi di trattamento, che utilizzano dosi diverse di Mifepristone:

1) la dose raccomandata dai produttori ed approvata dall’FDA ( fino alla 7a settimana gestazionale ): giorno 1: 600 mg di Mifepristone orale; giorno 3: 400 mcg di Misoprostolo orale;

2) la dose indicata nel documento dell’OMS Safe abortion: technical and policy guidance for health systems ( fino alla 9a settimana gestazionale ): 200 mg di Mifepristone oral, seguiti, a distanza di 36-48 ore da: 1 mg di Gemeprost vaginale o 800 mcg di Misoprostolo vaginale o 400 mcg di Misoprostool orale fino alla 7a settimana gestazionale.

La combinazione in sequenza delle due formulazioni è risultata più efficace, rispetto all’impiego del singolo farmaco, per l’induzione dell’aborto nel primo trimestre di gravidanza.
Una revisione sistematica di 39 trial clinici randomizzati ( RCT ), che ha valutato regimi diversi di trattamento farmacologico, ha mostrato come la somministrazione di una singola dose di 200 mg di Mifepristone per via orale, seguita da una singola dose di 800 mcg di Misoprostolo per via vaginale, tra le 36 e le 48 ore successive, sia risultata efficace e sicura nell’indurre l’aborto medico, entro le nove settimane di gravidanza. In particolare il confronto tra dosaggi diversi di Mifepristone ( 600 versus 200 mg ) non ha mostrato differenze tra i due gruppi in termini di efficacia ( RR 1,07 ) e di comparsa di nausea ( RR 1,05 ).
L’impiego in epoche gestazionali successive si accompagna a una riduzione di efficacia.

Le prostaglandine, che agiscono sulla cervice uterina e causano contrazioni, comprendono il Misoprostolo ed il Gemeprost.
Il Gemeprost è risultato meno efficace del Misoprostolo e per il Misoprostolo, l’assunzione orale si è dimostrata meno efficace di quella vaginale e gravata dalla presenza di maggiori effetti collaterali come nausea e diarrea.

Il Metotrexato, antagonista dell’acido folico, inibendo la sintesi purinica e pirimidinica sviluppa un’azione citotossica verso il trofoblasto.
Uno studio controllato, randomizzato, condotto in Canada su più di 1000 donne, che ha confrontato la combinazione in sequenza di Metotrexato + Misoprostolo e Mifepristone + Misoprostolo, ha mostrato efficacia, effetti collaterali e complicanze simili, ma un’azione più rapida da parte del Mifepristone.

L’epoca gestazionale rappresenta una variabile rilevante in merito all’esito del trattamento.
La metanalisi di Kahn et al, che ha valutato l’efficacia di diversi regimi di trattamento farmacologico ( Mifepristone + Misoprostolo; Mifepristone + altri analoghi delle prostaglandine; Metotrexato + Misoprostolo ), ha mostrato una simile efficacia per epoche gestazionali uguali o inferiori a 49 giorni ( 94-96% aborti completi, 2-4% aborti incompleti, 1-3% insuccessi ), un’efficacia minore, ma simile, a 50-56 giorni ( 91% aborti completi, 5-8% aborti incompleti, 3-5% insuccessi ) ed un’ulteriore riduzione di efficacia in epoche gestazionali superiori per l’associazione Mifepristone + Misoprostolo 85% di aborti (completi).

Una revisione sistematica relativa a 6 studi RCT ha messo a confronto l’efficacia della procedura chirurgica per aspirazione e quattro diverse modalità di aborto medico ( prostaglandine, Mifepristone, Mifepristone + Misoprostolo, Metotrexato + Misoprostolo ).
Gli studi erano tutti di piccole dimensioni e per alcuni esiti era disponibile un unico studio.
Le prostaglandine da sole sono sembrate meno efficaci del metodo chirurgico, in assenza di dati disponibili per l’associazione Mifepristone + Misoprostolo.
Il confronto tra la procedura farmacologica ( Mifepristone + prostaglandine ) e quella chirurgica, in merito agli effetti collaterali, ha indicato per l’aborto medico una durata maggiore del sanguinamento, insieme ad incremento di vomito, diarrea e dolore.

Anche lo studio comparativo di Elul et al, condotto in Cina, Cuba e India, ha mostrato come i rischi di sanguinamento ed il dolore addominale, nelle donne sottoposte ad aborto medico, fossero più elevati rispetto all’aborto chirurgico, con una durata delle perdite ematiche più prolungata nel tempo.

In merito alla sicurezza delle diverse procedure nel lungo termine, uno studio di coorte condotto nella popolazione danese non ha evidenziato per l’aborto medico, in confronto al chirurgico, un rischio aumentato di aborto spontaneo, gravidanza ectopica, parto pretermine e basso peso alla nascita nelle gravidanze successive.

La produzione scientifica più recente si sta orientando a valutare l’efficacia legata all’utilizzo di schemi di trattamento più maneggevoli e ben accetti alle pazienti, sia in termini di dosaggio, di riduzione dei tempi tra le somministrazioni dei farmaci, sia di effetti collaterali.
In particolare, gli studi RCT condotti nel tempo dal gruppo di Creinin hanno mostrato, per la somministrazione simultanea, o a distanza di 6-8 ore, di Mifepristone e Misoprostolo, un’efficacia paragonabile a quella ottenuta dopo 24 ore, risultati non confermati da altri gruppi che hanno utilizzato schemi di confronto con un intervallo standard di 36-48 ore.

Mifepristone e rischio di sepsi
Nel 2005 la FDA ha segnalato 4 casi di morte per sepsi in donne che avevano assunto Mifepristone per interruzione volontaria di gravidanza, tra settembre del 2003 e giugno del 2005. Analoga segnalazione in Canada è reperibile in letteratura nel 2005.

Nel marzo del 2006 sono stati notificati due ulteriori casi di morte successivi ad interruzione volontaria della gravidanza con Mifepristone, una giudicata non correlata all’aborto o all’uso del Mifepristone e Misoprostolo, l’altra, con sintomi di infezione, in fase di accertamento. L’agente infettivo identificato come responsabile delle sepsi è il Clostridium sordellii, batterio anaerobio gram-positivo, infrequente patogeno per l’uomo e raro nel tratto genitale.
È stato ascritto al Mifepristone un ruolo nella setticemia da Clostridium sordellii, mediato dagli effetti del farmaco su cortisolo e citochine.

Nel dicembre del 2005 è stata pubblicata sul The New England Journal of Medicine ( NEJM ) la valutazione dettagliata dei casi segnalati da parte dei CDC ( Centers for Disease Control and Prevention ) di Atlanta, negli Stati Uniti. Si tratta di casi, verificatisi in California, in cui è stato utilizzato il regime Mifepristone 200 mg orale + Misoprostolo 800 mcg vaginale.

La morte segnalata in Canada, avvenuta in corso di uno studio clinico, era stata successiva all’assunzione di Mifepristone 600 mg orale + Misoprostolo 400 mcg orale.
L’articolo è accompagnato da un editoriale di Michael Greene, dell’Harvard Medical School di Boston, che pone alcune questioni di rilievo: a) queste morti hanno implicazioni importanti non solo in termini individuali ma anche di salute pubblica; b) gli aspetti particolarmente preoccupanti che hanno caratterizzato questi eventi ( donne giovani e in buona salute, procedura abortiva eseguita apparentemente con successo, sintomi associati all’insorgenza delle infezioni poco significativi: assenza di febbre e presenza di crampi, comuni dopo questo tipo di procedure abortive, morte sopravvenuta in tempi rapidi ) devono necessariamente allertare i clinici rispetto alla comparsa di un quadro potenzialmente letale; c) non è semplice quantificare il rischio di incidenza di esiti fatali in assenza di un denominatore sufficientemente certo.
I produttori riportano più di 460.000 procedure eseguite negli Stati Uniti dall’approvazione del farmaco. Vi è però un certo margine di incertezza rispetto a questo valore, calcolato a partire dalle richieste del farmaco ( una confezione: 3 compresse da 200 mg ) ed assumendo che la maggior parte degli utilizzatori impieghi il Mifepristone alla dose di 200 mg, in assenza però di informazioni precise sullo schema di trattamento realmente impiegato: 200 o 600 mg ?; d) il confronto più appropriato, in termini di rischi, va condotto con altre metodiche per l’induzione dell’aborto, e in particolare con il rischio correlato all’aborto chirurgico eseguito nelle settimane gestazionali corrispondenti.
Il rischio di mortalità materna per aborto chirurgico entro le 8 settimane gestazionali è intorno allo 0,1 per 100.000.
Sulla base di queste considerazioni gli esiti fatali segnalati vengono valutati come un numero limitato di eventi rari senza un chiaro legame fisiopatologico con il metodo utilizzato, rispetto ai quali è comunque importante informare le donne che richiedono tale procedura.

Nell’aggiornamento dell’agosto 2007, l’FDA ha riportato, in merito agli esiti fatali, per gli Stati Uniti, a partire dal 2000, 6 casi di morte per sepsi, 5 attribuiti al Clostridium sordellii ed 1 al Clostridium perfringens.
La nota conclusiva del documento sottolinea come ad oggi si ritiene che i benefici legati all’utilizzo della molecola superino i rischi.

Le interruzioni volontarie della gravidanza in Italia
In Italia per l’anno 2006 sono disponibili i valori totali, preliminari, di tutte le Regioni, relativi alle interruzioni volontarie della gravidanza ( IVG ).
Sono state notificate 130.033 IVG con un decremento del 2,1% rispetto al dato definitivo del 2005 ( 132.790 IVG ) e un decremento del 44,6% rispetto al 1982.
Il tasso di abortività, calcolato utilizzando le stime della popolazione femminile fornite dall’ISTAT, è risultato pari a 9,4 per 1000 donne di età compresa tra 15 e 49 anni, con un decremento del 2,2% rispetto al 2005 e una riduzione del 45,3% rispetto al 1982. ( Xagena_2007 )

Fonte: BIF- Bollettino d’Informazione sui Farmaci, 2007
Link: GinecologiaOnline.net
Link: MedicinaNews.it

1838
Farmacovigilanza / RU-486 pillola abortiva
« il: Luglio 31, 2010, 05:47:52  »
Sarà somministrata solo in ospedale. Il ricovero si protrarrà sino al termine del trattamento

La pillola abortiva sarà somministrata solo in ospedale e la donna dovrà rimanere ricoverata “dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla verifica dell’espulsione del prodotto del concepimento”. La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’autorizzazione all’immissione in commercio della pillola Ru486 fa chiarezza intorno alle molte contestazioni sollevate nelle settimane scorse e dà il via libera definitivo all’aborto farmacologico.

A partire da domani gli ospedali potranno acquistare il Mifegyne, ma l’azienda francese Exelgyn produttrice del farmaco avvisa che le prime ordinazioni saranno evase non prima di febbraio. L’autorizzazione è stata concessa nell’ultima riunione del Cda dell’Agenzia il 2 dicembre scorso dopo la richiesta del ministro Sacconi di ulteriori precisazioni sulla necessità del ricovero ospedaliero.

Il primo sì era giunto lo scorso 30 luglio, ma la delibera dell’Agenzia del farmaco Aifa non era approdata ancora in Gazzetta per l’indagine parlamentare che aveva chiesto un’ulteriore richiesta di compatibilità con la legge sull’aborto.

Nonostante il farmaco sia utilizzato nel resto del mondo già da 20 anni, in Italia ha trovato fortissime resistente dalla componente cattolica parlamentare preoccupata che l’aborto farmacologico potesse avvenire anche fuori dagli ospedali. Ma la legge italiana in proposito non ammette eccezioni: l’interruzione volontaria di gravidanza deve avvenire in ospedale entro la settima settimana, e la donna deve essere seguita da un medico fino all’aborto. La pillola non sarà in vendita in farmacia.

La posizione dell’Agenzia è chiara: “Il percorso abortivo deve avvenire in ambito ospedaliero”, anche se nei fatti, resta alla donna la possibilità di allontanarsi dall’ospedale sotto la propria responsabilità firmando l’ordine di dimissioni come capita per tutti gli altri ricoveri. (9 dicembre 2009)

Fonte:  http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/cronaca/pillola-abortiva/gazzetta-ufficiale/gazzetta-ufficiale.html?rss



FDA Patient Safety News

All’FDA ( Food and Drug Administration ) è giunta la segnalazione di ulteriori 2 casi ad esito fatale che hanno riguardato 2 donne che hanno fatto uso della pillola abortiva Mifepristone ( Mifeprex, RU-486 ).

L’FDA ha emesso un Public Health Advisory, dichiarando di non essere in grado di confermare la causa delle morti, anche se l’ipotesi più probabile è quella di insorgenza di sepsi.

La sepsi dovrebbe essere sospettata nel caso in cui le pazienti che fanno uso della pillola abortiva presentino nausea, vomito o diarrea, e debolezza con o senza dolore addominale, e senza febbre o altri segni di infezione dopo più di 24 ore dall’aver assunto Misoprostolo.

La sepsi fatale nelle donne che assumono la pillola abortiva è rara, con un’incidenza di 1:100.000 donne.

L’FDA non possiede informazioni sufficienti per raccomandare l’uso profilattico degli antibiotici.

Gli antibiotici impiegati con modalità profilattiche non sono scevri da rischi di gravi effetti avversi, tra cui reazioni allergiche, anche fatali.
Inoltre, l’uso degli antibiotici può causare la crescita di batteri resistenti.

Fonte: FDA, 2006
Xagena 2006


Gravi reazioni avverse associate al Mifepristone, un farmaco abortivo

E’ stata effettuata un’analisi del database dell’FDA Adverse Event Reporting System ( AERS ) con l’obiettivo di valutare la morbidità e la mortalità associate all’impiego del farmaco abortivo Mifepristone ( Mifeprex, RU-486 ).

Un totale di 607 segnalazioni di reazioni avverse con Mefepristone sono state inoltrate all’FDA ( Food and Drug Administration ) nell’arco di 4 anni.

La più frequente reazione avversa segnalata è l’emorragia ( n = 237 ) e, secondariamente, le infezioni ( n = 66 ).

Tra le emorragie c’è stato 1 caso fatale, 42 episodi minaccianti la vita, 168 eventi gravi.
In 68 casi è stato necessario ricorrere alle trasfusioni.

Le infezioni hanno compreso 7 casi di shock settico, di cui 3 casi fatali e 4 minaccianti la vita.
In 43 casi è stato necessario l’impiego di antibiotici per via parenterale.

Interventi chirurgici sono stati richiesti in 513 casi, di cui 235 in emergenza.
I casi di emergenza comprendevano 17 gravidanze ectopiche.

La vitalità del feto al secondo trimestre è stata documentata in 22 casi.
Dei 13 casi documentati, sono state diagnosticate gravi malformazioni in 3 feti.

Dai dati del database AERS è emerso che l’emorragia e le infezioni sono le principali cause di morbidità e mortalità associate al Mifepristone. ( Xagena2005 )
Gary MM, Harrison DJ, Ann Pharmacother 2055; Published Online
Gyne2005 Farma2005


Gravi reazioni avverse del Mifepristone, la pillola abortiva

L’FDA ha ricevuto segnalazioni di gravi infezioni batteriche, sanguinamenti, gravidanze ectopiche con rottura della tuba, e casi fatali, associati all’impiego del Mifepristone ( Mifegyne, Mifeprex, RU-486 ).

La grave infezione batterica o la sepsi possono presentarsi senza gli usuali segni dell’infezione, tra cui la febbre.

Un prolungato sanguinamento di proporzioni significative dopo assunzione del Mifepristone può richiedere un intervento chirurgico.( Xagena2004 )

Fonte: FDA, 2004
Farma2004 Gyne2004



1839
Nel corso della sorveglianza post marketing sono pervenute segnalazioni di tossicità della Colchicina quando viene impiegata in concomitanza con l’antibiotico Claritromicina ( Biaxin; in Italia: Klacid ), specialmente nei soggetti anziani.
In alcuni di questi pazienti si è manifestata insufficienza renale, con esiti anche fatali.

La Colchicina è un substrato sia per CYP3A che per la glicoproteina P.
La Claritromicina ed altri macrolidi sono noti inibire CYP3A e la glicoproteina P.
Quando la Colchicina e la Claritromicina sono somministrate assieme, l’inibizione della glicoproteina P e/o di CYP3A da parte della Claritromicina possono portare ad un’aumentata esposizione alla Colchicina. ( Xagena2006 )

Fonte: FDA, 2006
Farma2006 Reuma2006 Inf2006


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Farmacovigilanza / L’FDA sconsiglia l’uso di Bismacine
« il: Luglio 31, 2010, 05:00:36  »
L’FDA sconsiglia l’uso di Bismacine a base di bismuto a causa della sua tossicità

L’FDA ( Food and Drug Administration ) ha avvisato i consumatori e gli Health Care Provider a non utilizzare un prodotto denominato Bismacine, noto anche come Cromacine.

L’FDA sta eseguendo accertamenti riguardo ad una persona deceduta e su diverse segnalazioni di danno associato alla somministrazione di Bismacine.

Bismacine è un prodotto iniettabile impiegato nel trattamento della malattia di Lyme, ma che non è mai stato approvato dalle Autorità Sanitarie.

Il prodotto contiene alte quantità di bismuto, un metallo pesante che è impiegato in alcuni farmaci assunti per bocca per il trattamento dell’Helicobacter pylori.


Il bismuto non è approvato per uso iniettivo.

Bismacine è prescritto o somministrato da medici della medicina alternativa o da persone che dichiarano di essere medici, ma non lo sono.

Il 20 aprile 2006, una persona è morta dopo che gli era stato somministrato Bismacine ed alcuni giorni dopo un’altra persona è stata ricoverata in ospedale dopo aver ricevuto un trattamento con Bismacine.

Altri soggetti, ai quali è stato somministrato Bismacine, hanno presentato gravi eventi avversi.

L’avvelenamento da bismuto è caratterizzato da collasso cardiovascolare ed insufficienza renale. ( Xagena_2006 )

Fonte: FDA, 2006
Link: Farmacovigilanza.net
Link: MedicinaNews.it
Farma2006 Inf2006
XagenaFarmaci_2006

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